L’illusione fondamentale dell’umanità consiste nel supporre che io sono qui e tu sei lì. Noi ladini qui in Trentino e Bolzano ce ne stiamo bene, al calduccio, – anche se con i piedi un po’ freddi – ma vorrei non dimenticassimo che ci sono i fratelli di “Suramunt”, gli ampezzani e i fodomi con gli abitanti di Colle Santa Lucia.
Sono belle le Dolomiti, ma pur sempre di sassi si tratta, e non bastano certo le Dolomiti per dare un Seguito a quella che fu l’unità ladina fino al 1919. C’è stato un referendum con un risultato inequivocabile, ma il successo del 29 ottobre 2007 non è stato coronato da alcuna azione pragmatica.
Mentre gli istituti della Val Badia e della Val di Fassa lavorano a pieno regime, ce n’è uno, la Cesa de Jan di Col, che vorrebbe tanto contribuire a rafforzare la ladinità, ma non ne ha la possibilità. Al momento l’istituto è poco più di una sede di una piccola Unione. C’è voglia di fare qualcosa, ma non ci sono finanziamenti. Ci sono le ambizioni ma mancano gli aiuti. C’è la volontà di dare un seguito alle disperate grida di voglia di sopravvivenza identitaria, ma sembra che le difficoltà siano insormontabili. Senza aiuti politici le richieste di aiuto rimarranno tali. Dobbiamo, noi che abbiamo a cuore la sopravvivenza di un pezzo di Ladinia, avere la consapevolezza delle responsabilità che gravano su di noi, perché il concetto – purtroppo non anacronistico – del “noi siamo di qua e voi di la” nuoce gravemente alle più basilari regole di rispetto della vita, di ogni forma di vita.
michil costa, (click on) Corriere dell’Alto Adige, 3 febbraio 2009