Michil Costa, 48 anni, gestisce insieme alla famiglia un delizioso albergo a Corvara, in Alta Badia. È stato candidato dei Verdi alle ultime elezioni in Alto Adige. Anima della Union Generela, la comunità che raggruppa le popolazioni ladine dolomitiche, presiede la Maratona delle Dolomiti e coordina una fondazione che sostiene l’organizzazione Tibetan Children’s Villages guidata da Jetsun Pema, sorella del Dalai Lama.
Quanti sono i ladini?
I ladini dolomitici sono 35mila, distribuiti in cinque valli, dalla Badia fino alla Conca ampezzana. Poi ci sono quelli friulani, circa 700mila, e quelli dell’Engadina. Un tempo abitavano tutto l’arco centrale delle Alpi, la lingua deriva dall’incontro con i romani. In Badia più del 90 per cento della popolazione è ladino, mentre a Cortina non si supera il 25 per cento.
Come è stato possibile mantenere un’identità così forte?
In passato siamo stati agevolati dall’inaccessibilità. Nel caso dell’Alto Adige dobbiamo poi ringraziare il sistema politico-amministrativo, che ha saputo valorizzare e preservare le tradizioni del territorio. In più in Badia abbiamo resistito alle lusinghe del turismo: viviamo in gran parte di questo, ma nessuno ha svenduto le case. A Cortina le cose sono andate in modo diverso.
La lingua viene parlata abitualmente?
Sì, ma non in maniera esclusiva. Io per esempio a casa parlo italiano con la mia compagna, tedesco con mia madre e un fratello, ladino con mio padre e l’altro fratello. Alle elementari le materie sono insegnate nelle tre lingue, in più dal secondo anno si studia l’inglese.
La comunità ha un ruolo politico?
L’Union Generela ha ovviamente rapporti con la politica, ma non siamo un partito. I ladini sono divisi nei territori di tre province: Bolzano, Trento e Belluno. Noi operiamo per aumentare le sinergie. Abbiamo fortemente spinto sul referendum per il passaggio di Cortina all’Alto Adige. Poi c’è Alta Badia Quo Vadis, un progetto avviato due anni fa per studiare le strategie di sviluppo nei prossimi vent’anni che ha coinvolto tutta la popolazione della valle, circa 10mila persone. Qualche giorno fa sono state prese decisioni sullo stile architettonico: si useranno solo materiali locali. Inoltre non verranno incrementati i posti letto.
Basta turismo?
Il cuore del Quo Vadis è il “progetto star bene”, con il traguardo finale del benessere della popolazione. Il profitto deve essere a lungo termine e per tutti. Per cui privilegiamo la qualità dell’offerta: l’Alta Badia vive di turismo ma la bassa valle è ancorata ad artigianato e agricoltura.
C’è un legame con la Lega di Bossi?
Comprendo alcuni temi, come la salvaguardia delle tradizioni o della lingua, ma il mondo non si ferma, c’è la necessità di integrare chi viene nel Paese.
E quindi quanto va difesa la propria identità?
La difesa dell’identità spinta all’estremo mi fa paura, è fondamentalista, molto pericolosa. Da qualche anno sogno e penso in italiano, ma prego e scrivo in tedesco. I conti li faccio in ladino. Viva il meticciato!
Intervista a cura di Fernanda Roggero illustrazione di Maria Crosti, Magazine de Il Sole 24 Ore, ottobre 2009