E’ la 25esima edizione della “Maratona dles Dolomites”, che mette al via 9.545 ciclisti sorteggiati tra oltre 28 mila richieste, arrivati in Val Badia da 45 paesi. Con l’ambizione (o il sogno) di far diventare la zona – patrimonio dell’umanità per l’Unesco – un ‘santuario della bici’

di EUGENIO CAPODAQUA

ALTA BADIA – Perfino le spille che reggono i numeri qui sono di qualità. La qualità della natura che circonda la prova più bella per i cicloamatori. Che è qualcosa di più e di diverso di un semplice appuntamento agonistico. Anzi, qui l’agonismo di quelli che corrono guardando un metro davanti alla ruota anteriore, è visto con molto distacco. E non è snobismo, ma essenza pura, per la regina delle gran fondo, la Maratona dles Dolomites, che mette al via qualcosa come 9.454 ciclisti sorteggiati tra oltre 28 mila richieste, arrivati in Val Badia da 45 paesi. E’ una qualità che passa per il sorriso sempre accogliente della gente di qui: i ladini. Per le larghe gonne (‘Dievndl’ il termine autoctono) di Anne-Lise, ambasciatrice di grazia del Kolfuschgerhof; per il sole che riscalda l’anima prima che il corpo.

“Grazie per essere qui, Giulan (grazie in ladino). Grazie per aver dato un senso alla nostra esistenza. Grazie per averci aiutato a trovare la nostra identità”, ha detto Michil Costa, ‘deus ex machina’ della manifestazione che celebra il quarto di secolo: 25 anni. Michil è uomo dalla cultura robusta, prima ancora che amante dello sport. Un filosofo moderno, che storce la bocca davanti alla pur evitabile massificazione e mercificazione di una zona che è diventata di recente patrimonio dell’umanità per l’Unesco. Zona che è ancora bellissima, ma mostra già la corda dell’usura consumistica. Auto, moto che sfrecciano su e giù per i passi in quantità industriale indicano l’incertezza di scelte che potrebbero essere diverse e orientate decisamente verso la preservazione – almeno per brevi periodi del ‘santuario della bici’, come molti appassionati dipingono questa zona. Ma è difficile mettere d’accordo comunità diverse ed egoismi diversi. E chiudere i mitici passi magari solo per qualche giorno: solo bus ecologici, bici, pattini e trazione animale. Il sogno è ambizioso (“già ci sono grosse difficoltà per fare le cose come le facciamo oggi”, dicono gli organizzatori), ma il futuro potrebbe essere questo. E con un pizzico di coraggio questa oasi potrebbe essere protetta per allontanare almeno l’inevitabile degrado.

Per ora ci si deve accontentare della chiusura totale nella mattinata di gara. Campolongo, Pordoi, Sella, Gardena, Giau, Falzarego e Valparola. Solo chi per una volta ha provato anche la semplice sensazione dei silenzi della natura attorno al frusciare della ruote, al respiro robusto di chi spinge sui pedali in un sanissimo afflato di fatica, può capire. Ma questa, con i bambini che vengono cooptati in una mini maratona, può essere anche scuola di vita. E, in fondo vale più questo della presenza di pur tanti appassionati, fra cui molti big della comunicazione e degli affari, da Paolo Garimberti, presidente Rai; a Rodolfo De Benedetti, a Vittorio Colao; Jim Balsillie, responsabile BlackBerry; Linus; Mario Cipollini; Jury Chechi; Paolo Bettini e il campione olimpico Giuliano Razzoli.

Tre i percorsi possibili per i partecipanti, il primo lungo 138 chilometri e gli altri rispettivamente di 106 e 55.
Michil Costa parla di un “lusso contemporaneo”. Perché avere spazio, tempo e una natura così bella attorno oggi è diventato un lusso vero. Ma la full imersion è una grandissima boccata di ossigeno per tutti. E lo sottolinea il più vecchio sponsor della manifestazione, Alberto Sorbini (Enervit) per il quale non c’è “ritorno comparabile sul piano dell’immagine, per qualunque azienda”. Natura e cultura, dunque. Che viaggia sui giochi di strada del Circo Crop, sui suoni sordi e cupi dei legni di montagna della Woods Percussion: cinque percussionisti che suonano al via tronchi d’albero scavati e pietre sonore (qui il ‘deus ex machina’ è Max Casltunger, apprezzato jazzista del ‘Quartetto desueto’, che ha allietato la presentazione della vigilia). E poi corni da caccia (Jagdhhornblasergruppe Val Badia); l’Alphorn Grup in cima al mitico Porodi ad accogliere i ciclisti. I campanacci di Predazzo. Tutto quello che fa natura, dunque, ma anche cultura. “La vista di questi monti, la comunione con la natura, che non è semplice comunanza – spiega Michil Costa – ti scuote, ti fa vibrare, ti eleva nel pensiero”. Sensazioni reali, assolutamente da provare e che restano nella memoria per sempre.

Repubblica, 09/07/2011