Dolomiti e Patrimonio dell’Umanità, Dolomiti e motori, traffico a dismisura, attese e confronti disattesi tra chi i Passi dolomitici li gestisce, li controlla, li evita con cura.

Regioni e Province diverse, Comuni vicini e lontani anche se accomunati, a parole, dagli stessi interessi, le stesse aspettative, la stessa piccola, dimenticata e abusata lingua. Siamo a cavallo del Trentino Alto Adige e del Veneto, sui Passi che hanno fatto grandi le Dolomiti e le Vallate ladine circostanti. I Passi Pordoi, Fedaia, Campolongo, Gardena e Sella, hanno permesso la comunicazione e lo scambio di idee, di lingue e di merci a chi nel cuore delle Dolomiti ha saputo lavorare e raffinare la terra, la propria storia e la propria identità. Poi, i Ladini sono stati separati da confini subdoli finendo chi con Bolzano, chi con Trento e chi con Belluno. Anni di oblio, poi di lotte burocratiche, di richieste per riconoscere un proprio status e quindi Statuti speciali, i diritti, i trattamenti diversi da parte di ogni singola Provincia e quindi Ladini di serie A, B, C, ecc.

Ora i Ladini servono alla politica, sono non solo riconosciuti ma foraggiati e curati a suon di contributi, finanziamenti, oro colato sulle tanto (poco) amate e conosciute Dolomiti ladine. L’ultimo riconoscimento, fresco di stagione con tanto di logo che ricorda i grattacieli di New York, le Dolomiti come Patrimonio dell’Umanità, iniziativa che sta rivelando a tutti un sacco vuoto e bucato. Vuoto di idee, di intenti e di coerenza, bucato perché perde credibilità giorno dopo giorno, perde fiducia, perde peso e valore. E perde tutto questo attraverso l’incapacità gestionale di quanti un tal bene dovrebbero valorizzarlo e arricchirlo, cantarlo e portarlo in alto, più in alto della Marmolada. Le Dolomiti, tutte le Dolomiti, come tutte le Montagne del Mondo e forse come ogni luogo al Mondo, sono da sempre Patrimonio dell’Umanità e dell’Universo, sono, o dovrebbero essere rispettate e vissute alla maniera tibetana, la più povera o la più ricca, di vedere e amare le cose, se stessi e gli altri.

E invece sulle Dolomiti si organizzano raduni di migliaia di moto o di macchine, di rumore assordante e di smog, di manifestazioni che portano in quota per poche ore migliaia di visitatori distratti e stanchi, si costruiscono ancora e sempre nuovi impianti da sci, spesso ormai latori di deficit che la pubblica amministrazione appiana con cura, tanto per tenere buoni i locali, i soliti punti, i soliti voti, i soliti vuoti.

Siamo ad un bivio storico e chi gestisce la macchina turistica, culturale e amministrativa lo sa: o si cambia, e il Patrimonio dell’Umanità in questo potrebbe essere occasione per unire, comunicare, parlare finalmente la stessa lingua, porsi e raggiungere traguardi ambiziosi comuni e condivisi, o si va avanti fin che va, fin che dura, fin che in qualche modo i posti letto vengono occupati tutti, magari svendendo letto, colazione e identità per mezzo soldo con il patrocinio di chi il turismo, in qualche povero modo lo guida, lo vede e lo difende.

I tempi sono maturi, eccome, per pensare ad una politica turistica sopraprovinciale e sopraregionale: le Vallate ladine si diano, insieme, traguardi, progetti, idee e iniziative da condividere, pensare, proporre e fare. Insieme, stesse regole, stessi doveri e stessi diritti.  Magari poi anche gli stessi sogni, le stesse emozioni e le stesse vie da seguire, qualche volta a piedi, altre con altri mezzi, ma abolendo per sempre   iniziative assurde dove il rumore, la spavalderia e l’arroganza sono tutto ciò che rimane anche nelle menti di quanti nelle Dolomiti vivono e lavorano, oltre a quanti le frequentano cercando silenzio e quiete, natura e cultura, serenità e pace.

Altrimenti si liberino le Dolomiti dal Patrimonio dell’Umanità, per incapacità di gestione di coerenza dei locali. Tutto torni come prima e come sempre, ognuno faccia come vuole e come crede, ognuno svenda sé stesso e il futuro dei propri figli per riempire ora e gratis ogni posto letto, ogni posto vuoto, il vuoto della propria mente e del proprio cuore.

E si incominci a parlare, a dialogare e a comunicare. Questo sarebbe il primo passo per essere e non solo per ri o dis-conoscere il vero Patrimonio dell’Umanità. La vera essenza della crescita, dell’essere parte di un mondo e non solo al mondo. In ladino, tedesco, italiano e ogni altra lingua, si pensi a queste fragili Montagne come bene davvero di tutti e per tutti, un bene culturale e spirituale, un bene da ripensare, riscoprire e finalmente… amare.

Stefen Dell’Antonio Monech