Mi piace fare l’oste. Facciamo un bellissimo mestiere, tramandatoci dai nostri genitori; ci hanno insegnato a superare gli ostacoli, a ragionare, ad affrontare le difficoltà considerandole opportunità, come insegnava anche Albert Einstein. Mamma e papà ci hanno istruito a stare con i nostri ospiti, a studiarne le abitudini, ad anticipare i loro desideri…
Ci hanno educato all’ascolto del visitatore, a fare tesoro del suo sapere. Quel sapere che è un bene, come diceva Socrate, mentre l’ignoranza è un male. Il sapere, la cultura: queste dovrebbero essere le nostre parole d’ordine, al posto della crescita, parola troppo spesso usata. Pensate veramente che possa esserci crescita economica senza una crescita culturale? Semmai sarà una tossicodipendenza da consumi. La crescita è sempre privata e mortale, ma è la cultura a essere collettiva e feconda. Cos’è il progresso? Cento cose che migliorano e 99 che peggiorano? Forse, certo è che senza cultura la proporzione s’inverte. Non si cresce senza cibo per la mente. Decrescere culturalmente significa decadere umanamente.
Mi piace fare l’oste, perché associo il mio lavoro al vivere bene: un’esistenza consapevole, attenta alla dimensione etica, fatta di sorrisi, di dolcezza, di collaboratori preziosi, sono loro che arricchiscono la nostra azienda. La cosa più bella è condividere dei valori con loro e con i nostri ospiti, dando spessore a quel meraviglioso dialogo tra hospès/hostìs –straniero/ospite -, nutrirsi della presenza dell’altro, della cultura del viaggiatore forestiero che frequenta la nostra Casa. Di fronte a certe notizie mi chiedo: perché non si fa altrettanto in politica, nel mondo economico, nell’alta finanza? Perché c’è ancora chi pensa che i vizi privati facciano il bene pubblico? Perché non s’investe di più sulla produzione delle idee, sulla capacità d’innovare? La materia prima dell’innovazione è proprio la cultura: in Italia la consideriamo un peso morto; come faremo a rinnovare, rifondare, ripensare, rivedere vecchi, superati concetti? Un Paese che non ha consapevolezza del ruolo sociale ed economico della cultura è un Paese civile? Crediamo davvero che per uscire dalla crisi basti l’austerità, vendere più auto e cementificare di più? Assieme alla cultura, stiamo trascurando l’ambiente: lo sentiamo solo noi, fondamentalisti ambientali, l’urlo di dolore che si è levato dalle viscere della Terra? Siete sicuri che possano essere tutelati i diritti degli esseri umani senza considerare quelli della Natura? L’uomo sfruttatore cieco e sordo dovrà necessariamente pensare a ridurre, riciclare, riusare. Dovrà fare di più: dovrà introdurre nelle costituzioni del mondo i Diritti della Natura. C’è chi ci sta lavorando:www.therightsofnature.org www.dirittidellanaturaitalia.it
Mi piace fare l’oste, perché amo il vento della cultura, voglio darne e riceverne, perché solo chi vi accede può crearne. Cultura alpina vuol dire rispetto della montagna, educazione. Hermann Göring, che impersonava il Male, diceva: “L’educazione è pericolosa. Ogni persona colta è un futuro nemico”. Anche noi, osti assetati di cultura, siamo nemici di tutti i Göring dei nostri giorni e continueremo a lavorare serenamente, anche in un periodo non facile come quello attuale. Non faremo carte false per dimostrare che le presenze sono in aumento, non faremo un po’ di cosmetica verde perché va tanto di moda, ma lavoreremo rispettando il bene, la Bellezza, la Verità. Il rispetto fa bene ai nostri ospiti e fa bene anche a noi. Questa è la cosa più importante, molto più importante della crescita economica.
I nostri genitori, i nostri ospiti, la nostra Terra. Questo è amore, questa è armonia, per noi questa è la felicità. Vogliamo almeno provarci, vogliamo farci raggiungere dalla cultura che ci insegue.
michil costa