E’ il tema di maggiore attualità sull’agenda del vino a Bruxelles, dopo che il Commissario europeo per l’agricoltura ha recentemente affermato di “non volere progettare il futuro della filiera con gli strumenti degli anni sessanta”, ricordando che nonostante il regime di blocco degli impianti non si fosse per oltre trent’anni riusciti ad evitare il flagello della sovrapproduzione.

Come già in passato l’Italia delle associazioni di viticoltori e produttori è tutta schierata su posizioni di netto rifiuto di modifica dello status quo.

L’intransigenza è una tattica temporeggiatrice che ci vede maestri, dovrebbe servire a dare  tempo alle associazioni per negoziare una proposta unitaria da mettere sul tavolo delle trattative. Però, come sempre a casa nostra, l’accordo tra le associazioni di categoria è difficile da trovare ed il nostro paese corre il rischio che le decisioni alla fine le prendano gli altri.

E’ invece il momento di vederci impegnati a proporre un sistema che consenta di programmare in Europa una espansione moderata e graduale della superficie a vigneto, escludendo ogni forma di sostegno pubblico. Per quei paesi storicamente dotati di un sistema delle DOP i diritti di impianto non vanno aboliti ma adeguati ed integrati nella nuova disciplina e solamente i Consorzi dei produttori dovrebbero essere autorizzati ad esprimere il consenso all’ampliamento della superficie vitata.

Angelo Gaja, 4 giugno 2012