Frank Zappa

A cinquant’anni dal suo assassinio, il mondo s’è fermato ancora una volta per piangere la scomparsa di John Fitzgerald Kennedy. Gli StatiUniti d’America hanno dato i natali ad un altro grande uomo di cui in questi giorni ricorre l’anniversario della morte. E anche lui, come confessò una volta, voleva candidarsi alla Casa Bianca: “Potrei mai far peggio di Ronald Reagan?”, disse. Quando si presentò al cospetto dei membri del Congresso per protestare contro ogni genere di censura, fu costretto ad un look per lui insolito: giacca, cravatta e capelli corti. Mise per un attimo da parte i suoi abiti di scena ma, fedele al motto dell’assoluta libertà, non rinunciò a rivendicare per se stesso e per gli altri il diritto di esprimersi liberamente. Quell’abito di deferenza, però, non gli garantì il rispetto di quel consesso; non riuscì infatti a leggere tutto il memorandum che aveva preparato. La prese male, ma di quell’audizione rimangono comunque parole memorabili: “Vietare la libertà d’espressione è come trattare la forfora con la decapitazione”. Un intervento che fece scalpore, da quel momento il mondo intero respirò un po’ di libertà in più.
Sulle copertine interne dei dischi che seguirono fece stampare il Primo Emendamento della Costituzione Americana: “Il Congresso non emanerà leggi che aboliscano o restringano la libera manifestazione del pensiero”. E ancora: “Vi garantiamo che i concetti di questo lavoro non causeranno tormenti nel luogo dove il tipo con le corna ed il forcone conduce i suoi affari”. Voleva stimolare chi temeva i cambiamenti e colpire i poteri forti – governo e multinazionali – che volevano trasformare l’America in una nazione di cialtroni controllori postali, nel nome di Gesù Cristo.
Vent’anni fa moriva Frank Zappa. L’insolito genio musicale dalla mente acuta è stato uno dei più sottili critici sociali di sempre. A differenza di tutti i suoi illustri predecessori, era capace di fondere rock, avanguardia, jazz, musica classica e satira. Con il suo teatro dell’assurdo era perennemente in bilico. La sua musica, deridendo Elvis Presley ed il suo mito, rifiutando le facili melodie beatlesiane, stravolgeva ritmi ed armonie. Era contrario a qualsiasi ipocrisia e – grande novità – a qualsiasi droga, perché non sopportava le alterazioni.
Stupiva con le sue canzoni anarco-sessuali e non scandalizzava solo preti e borghesi, quando raccontava di diavoli che mangiano le tette alle signorine e di banditi che amano praticare un clistere alle loro vittime prima di rapinarle. Ma non ha certo rincorso il successo strizzando l’occhio alla pornografia, come ha fatto Madonna Louise Ciccone. Zappa faceva discutere perché ricordava agli americani il motto dell’illuminismo: servitevi della vostra ragione.
Figlio d’immigrati, combatteva contro il dispotismo delle dinastie e contro il clientelismo. Parlava di convenzioni sociali, di politica come “critica praticata” e della mercificazione crescente con vent’anni d’anticipo. Il giullare sbeffeggiava il perbenismo e chi credeva in un sogno idealizzato. Sarcastico, demoliva ogni certezza, dando fuoco alle nostre favole.
Ripensare oggi a quell’artista ruvido non è un’operazione senza senso, le sue idee diventano ancora musica all’altezza del cuore. Che festa riascoltare i suoi dischi, valli profonde di suoni gutturali. Mi catapultano in un altro mondo. Sì, li ascolto spesso i dischi di Frank Zappa: li sento come cuciti dentro la mia pancia. Il il suo teatro, la sua goliardia, la sua ironia ci proiettano ancora in un mondo di fantasia, utopico, in un mondo più bello e più giusto.
Ascolto “Uncle Meat” e ripenso alle sue parole, alle sue idee. A quel suo progetto di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti come indipendente, al di fuori di ogni schema politico. Voleva tagliare le imposte sul reddito – spiegò – perché è giusto pagare le tasse su quello che si compra, non perché si lavora. E sosteneva, come Kennedy, che il Pil non misura la felicità di un uomo. Chissà come si divertono quei due, lassù. Sicuramente ci stanno guardando, pensando: “Dai, cambiatelo quel mondo laggiù. Almeno provateci”.

Michil Costa, Alto Adige, 03/12/2013

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