Possiamo anche esserne attratti, ma l’essere umano non è mosso solo da logiche puramente economiche. Parole d’ordine come crescita e sviluppo hanno fatto del profitto una tirannia; produttività e redditività portano sempre di più ad un’atomizzazione dell’individuo. Valutare tutto in termini quantitativi, materialistici è una logica figlia dell’ignoranza, perché ci fa perdere di vista valori altrettanto importanti quali la solidarietà, lo spirito di comunità, il dialogo. Una deriva che spesso sfocia nel disagio sociale.

L’importantissima decisione che la città di Bolzano dovrà prendere prossimamente s’instaura in questo contesto. Anzitutto dev’essere chiaro che l’imprenditore austriaco è spinto da un Benko-centrismo che vuole far passare il suo pensiero sviluppistico-riduzionista – che riduce appunto questioni complesse a semplici calcoli economici – come la soluzione di tutti i mali. Quegli orribili centri commerciali – mi fa ridere l’idea di farli passare quali attrattive turistiche – sono veri luoghi, ma al contempo non-luoghi dell’anima, dove non si solidarizza. Di più, sono luoghi nei quali l’isolamento delle classi sociali aumenta, distretti dell’inconsapevolezza consumistica nei quali manca anche il comfort materiale. A chi gestisce un centro commerciale non interessano il nostro benessere, i nostri tempi biologici, le nostre dinamiche sociali. Chi pensa che la varietà dell’offerta possa rappresentare il benessere ignora i contesti umani, culturali, ambientali. I clienti, pedinati da mille occhi elettronici, non sono più esseri umani, bensì codici a barre.

I centri commerciali sono città fantasma che annullano la dimensione sociale dei centri storici, distruggono il rapporto fiduciario tra compratore e bottegaio, annullano il senso di comunità, la circolazione del pensiero, la sensibilità umana. Le rassicurazioni di Benko non bastano per accettare un progetto monstre che non tiene conto del genius loci, della cultura della città nel quale pretende d’inserirsi, dei costumi della cittadinanza, del suo saper vivere.

Vogliamo davvero il centro commerciale di Benko? Vogliamo davvero dilapidare quel capitale di affetti e solidarietà per costruire un non-luogo nel quale gli slogan commerciali si sostituiranno alle nostre legittime ambizioni, un grande mercato nel quale i nostri desideri verranno generati artificialmente? Volete davvero abbandonarvi a questa economia a circuito chiuso, a una vita ludica, edonistica, immaginaria e avventurosa per procura? Ma non vedete che è tutto finto? È l’esaltazione del più, non del meglio! È una fiction e dopo i titoli di coda ci ritroveremo più assetati di amore, dolcezza, rispetto e convivialità di prima.

Benko, nell’ottica di un’anti-economia del Bene Comune, pensa solo al suo profitto. Punto. Che nessuno provi a raccontarci che lo sviluppo della città di Bolzano possa passare attraverso l’obsoleto progetto di questo affarista miliardario che si muove come un serpente nelle rovine della grande città. Bolzano combatta la sua guerra contro i negozi sfitti, invece di trasformarsi in una città finta, rifugiandosi nelle vetrine luccicanti di un centro commerciale.

La questione è soprattutto cognitiva. Io, però, confido che gli amministratori capiranno che non possono condannare al declino gli esercizi di vicinato con una delibera dalle logiche misteriose. Alla fine prevarrà il buon senso, perché il primato della civiltà imporrà la ri-umanizzazione della città, la riforma della vita comunitaria. C’è, infatti, chi ha già capito, chi vuole resistere al Benko-centrismo ed è pronto a mobilitare la società civile che non si fa ammaliare dalle nuove tendenze, che non vuol farsi mordere alle caviglie dal serpente. No, i bolzanini non si faranno avvelenare: ci penseranno, si ri-uniranno, ne discuteranno ma alla fine sposeranno la ri-umanizzazione della loro città. Perché Bolzano, il nostro beato Südtirol, il mondo intero non possono essere ridotti ad uno shopping mall.

Michil Costa

23/01/2013 Alto Adige
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