Li ho visti, in piazza a Bolzano, quei cittadini indignati per le vergogne della casta. Esasperati da una crisi che a tanti di loro ha tolto un futuro, impoveriti, stanchi delle promesse della nostra classe politica, hanno perso quasi ogni speranza. Traditi da coloro che dovevano rappresentarli – che hanno operato più per garantirsi prebende e privilegi, che per portare avanti le istanze di chi li aveva eletti – oltraggiati dall’arroganza di un potere che continua a viaggiare con l’auto blu, con la pancia piena, gli abiti di sartoria, il tablet d’ultima generazione comprato con i soldi pubblici per fare il solitario nell’aula di Montecitorio, a questi miei concittadini è rimasta a malapena l’aria nei polmoni per urlare tutto il proprio sdegno. E ho l’impressione che questa volta non si fermeranno.Non sono tra i cultori dell’antipolitica, anzi. A me la politica piace. Ma quando dico politica intendo la capacità di prendere decisioni per il bene comune. Scelte che molto spesso comportano compromessi, trattative, ma non certo lo spettacolo al quale abbiamo assistito negli ultimi anni, la politica politicante che, nel migliore dei casi, decide di non decidere, la politica degli annunci e quella dei rinvii. Aggiungeteci gli scandali e anche il più moderato di voi, almeno in cuor suo, troverà la legittimazione delle manifestazioni di questi giorni.

La cosa drammatica – e qui mi riferisco in particolare alla scena regionale – è che gli unici che ancora non sembrano aver capito la reale portata dell’ondata di proteste che si sta levando da settori sempre più ampi della società sono proprio loro, i politici. Pronti a restituire il maltolto, ma solo dopo che li abbiamo beccati con le dita nella marmellata. Non solo: a qualcuno è venuta subito la splendida idea di versare al partito – e sapete a quale partito mi riferisco – i milioni ai quali dovrà rinunciare. In Alto Adige sono solo sette i consiglieri provinciali che hanno già restituito gli anticipi sulle liquidazioni milionarie, in Trentino ancora meno. E, sempre a Trento, il presidente Bruno Dorigatti, ha fatto sgomberare dalla polizia l’aula del consiglio provinciale nella quale i contestatori si erano spinti per esprimere tutto il proprio disappunto, stigmatizzando l’accaduto come un’offesa alle istituzioni, un insulto al Trentino.

Mi spiace dirlo, ma Dorigatti dimostra di non aver ancora compreso la gravità della situazione. Caro presidente, l’unica vera offesa alle istituzioni è quella che non certo lei – integerrimo paladino di mille sacrosante battaglie sindacali, tra i primi a provvedere ad un taglio dei privilegi della politica – ma tanti suoi colleghi hanno rivolto, gozzovigliando sulle rovine della nostra democrazia. Mi appello proprio a lei presidente Dorigatti, e ancora al presidente Rossi, al suo collega altoatesino Kompatscher ed al presidente del consiglio provinciale di Bolzano, Widmann: fermateli, fermatevi! La festa è finita. La politica deve tornare ad essere passione, servizio al cittadino, sacrificio personale in nome di un’idea. Solo così potrete ritrovare la faccia per presentarvi di fronte a coloro che l’altro giorno vi aspettavano di fronte a Palazzo Widmann.

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