Forse è la paura a rendere inermi le persone: della camorra, di perdere il lavoro, delle minacce dell’imprenditore potente. O è una sorta di rassegnazione. Vadano i complimenti a chi invece lo spirito d’iniziativa l’ha dimostrato, organizzando il referendum a Malles per impedire l’uso dei pesticidi dannosi nel proprio territorio.
“Lo sai che ci sta qua sotto? I debiti”. Queste sono le parole di Toni Servillo in Gomorra dedicate alla tristemente nota area della discarica di Giugliano, in Campania. I debiti lì accumulati non sono più saldabili, bonificare non sarà più possibile. L’equivalente di 2600 campi di calcio è zona morta, avvelenata, uccisa per sempre. Esanime. Contaminata da rifiuti tossici. Un lutto esistenziale che non permetterà più a Madre Natura di generare vite degne di questo nome. La zona inquinata è stata dichiarata ‘no food’, divieto di produzione di cibo per non fare altre vittime, unite a quelle che già ci sono state, causa tumori ovviamente. La cosa assurda è che la maggior parte della popolazione assiste ancora in silenzio, un po’ per ignoranza, un po’ per connivenza. Forse è la paura a rendere inermi le persone: della camorra, di perdere il lavoro, delle minacce dell’imprenditore potente. O è una sorta di rassegnazione, quasi un’abitudine a sentirsi sottomessi, che impedisce i più a prendere un’iniziativa ‘contro’ l’arroganza del potere.
Vadano i complimenti a chi invece lo spirito d’iniziativa l’ha dimostrato, organizzando il referendum a Malles per impedire l’uso dei pesticidi dannosi nel proprio territorio. Meravigliose donne e uomini che non si sono fatti terrorizzare da azioni di violenza. Sì, perché anche le minacce sono violenza. Hanno dimostrato con perseveranza e audacia che il popolo può ribellarsi e può decidere. E la comunità ha deciso.
A Malles hanno dato un segnale preciso. I tre quarti dei residenti vogliono un comune pulito; hanno detto di no ai continui veleni spruzzati su frutta e verdura. A nulla sono valse le proteste dei contadini che, anticipando il risultato, si vedevano limitati nelle loro scelte, soprattutto nelle loro turboproduzioni. Impensieriti di non avere un mercato disposto a comprare prodotti biologici esprimono, a dire il vero, preoccupazioni insensate, totalmente fuori dallo Zeitgeist, dallo spirito del tempo.
È da più di mezzo secolo che continuiamo, in tutta Italia, a massacrare il territorio a fini di lucro e nel nome di un sedicente progresso. È ora di dire basta. Dobbiamo finirla di distruggere coste marine e ambienti vari sbandierando il vessillo dello sviluppo. E anche l’agricoltura ha bisogno di territori e della qualità al servizio dell’ambiente e del tessuto sociale. È un lavoro infinito, paziente, che solo un’agricoltura su piccola scala può svolgere. Si inizino a mettere in conto le straordinarie potenzialità di una nuova politica agricola, si inizi a ragionare della gestione assennata delle risorse naturali, della tutela della biodiversità, della dinamicità di un territorio e la sua vitalità economica. Sì, perché in questo discorso in cui la qualità è il punto centrale, rientra anche una maggior dinamica turistica del territorio.
Sono stati bravi a Malles, anche se certo la situazione in quanto a inquinamento non era e non sarà mai paragonabile al disgraziato comune di Giugliano. È solo un inizio, speriamo che altre comunità seguano l’esempio lungimirante degli abitanti di Malles. Le scelte di qualità danno sempre buoni frutti. Soprattutto in un paese devastato come il nostro. E valga per tutti un pensiero base, che va aldilà di ogni tipo di ragionamento: non possiamo essere più sani di quello che mangiamo.
Michil Costa, Alto Adige, prima pagina, 10/09/2014