Ho ascoltato con attenzione il discorso del nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nello sguardo schivo, da persona vecchio stampo, perbene, ho trovato qualcosa di rassicurante. La politica italiana quando ha bisogno di facce pulite si rivolge sempre al passato, oltre la Seconda Repubblica, fa riemergere dalla Prima figure quasi dimenticate. Significa che i figuranti del ventennio berlusconiano, non sono spendibili in qualità di padri, o madri, della nostra amata Repubblica.

Ho seguito le parole di quest’uomo che ha perso un fratello ammazzato dalla mafia, che si dimise da ministro a causa della scellerata legge Mammì, voluta da Andreotti per dare il via all’ascesa del cavaliere. Non ha trascurato nulla Mattarella, così come si sovviene a una persona che si appresta a fare da guida politica e morale al Paese. Ha fatto bene a puntare il dito contro mafia e corruzione. Chissà se la pensavano così tutti i presenti che applaudivano in continuazione? Ha parlato di economia, crescita, sviluppo, di futuro dei giovani, di occupazione. Belle parole, importanti, rassicuranti. Ha menzionato i marò in India e ricordato il piccolo Stefano freddato oltre trent’anni fa, secondo un copione del politicamente corretto, come si addice alla carica istituzionale più importante del Paese. Quante volte abbiamo assistito in questi anni da parte di figure che ricoprivano ruoli altrettanto importanti a comportamenti deplorevoli, seguiti o sostenuti da parole volgari, offensive, lesive all’immagine (ma anche alla sostanza) del nostro Belpaese. Ma quando il suo discorso è finito, ho avuto una strana sensazione, un po’ di amaro in bocca, forse il Presidente aveva dimenticato qualcosa? Un punto che ai più sembra poco centrale, ma che invece è l’argomento essenziale per guardare al futuro di una nazione, delle nuove generazioni non solo qui in Italia, ma in tutto il pianeta. Sì, il Presidente si è dimenticato della Natura. Ha accennato all’ambiente, ma in un contesto generale, come se fosse un punto fra i tanti. Come avrei desiderato un accenno ad un Adriano Olivetti, ad un Thoerau. Come avrei voluto che il bisogno di Natura fosse il centro del discorso, il fulcro su cui far ruotare tutto. Natura non solo da difendere, ma come propulsore per nuove istanze sociali, economiche, culturali. Natura come nuova prospettiva di condivisione, nuova strategia occupazionale, nuova dimensione in cui è possibile dare linfa a parole sempre più vilipese come tolleranza, equità, diritti. Trovo che l’assenza di Natura in un discorso così importante sia una mancanza culturale grave. E ho pensato a come un altro Presidente, che si crede ormai isolato nel nuovo Congresso con una forte maggioranza repubblicana al Senato, stia reagendo come mai aveva fatto prima su questioni centrali per il suo Paese e per il mondo. Mi riferisco a Obama, si dava per spacciato e invece in questi mesi ha messo a segno una serie di colpi a lungo attesi. Della serie: non è mai troppo tardi. Mentre i repubblicani del Congresso continuano a negare sempre più l’esistenza del surriscaldamento globale e l’efficacia nel combatterlo, Obama ha concluso un accordo con la Cina che ha posto dei limiti alle emissioni di carbonio. Questo per dire che non possiamo più permetterci di dimenticare la Natura. Nemmeno Lei, caro Presidente, soprattutto Lei che per sette lunghi anni dovrà vegliare su noi italiani che amiamo divorare territorio alla velocità implacabile di 8 metri al secondo. Quale futuro possiamo avere se continuiamo così?

Auguriamoci di camminare – uso le sue parole – con una nuova speranza verso un futuro di serenità e di pace.
E di consapevolezza, aggiungo io.
Sì Presidente, viva la Repubblica, viva l’Italia.

Michil Costa, Alto Adige, 10/02/2015

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