Lupi e squali. Tragedie di aria e tragedie di mare. Di fronte all’irreversibilità della morte siamo tutti uguali. Anche le tragedie dovrebbero esserlo. I lupi sbranano gli avanzi dei corpi dilaniati nello schianto dell’aereo sulla montagna francese. Gli squali divorano i corpi dispersi nel Mediterraneo. Ma a ben guardare non è esattamente così: il tono dei media nei confronti delle tragedie che colpiscono l’uomo bianco è veemente, accorato, a caratteri cubitali. Nei confronti di chi cerca in tutti i modi un’alternativa alla miseria dell’esistenza e caso mai ha un colore e una fede diversa dalle nostre merita si e no un’attenzione moderata, quasi di taglio, come se l’uomo o la donna o il bambino nel barcone fosse diverso, e un po’ fastidioso anche.
Sembra quasi che ci sia una sorta di assuefazione mista a disinteresse di fronte alle migliaia di persone che ogni anno perdono la vita cercando di portare la pelle da un continente all’altro via mare. Su barconi scalcinati e pagando un prezzo altissimo ai mafiosi che organizzano questa moderna tratta degli schiavi. Continuano a sbarcare decine di migliaia di persone: per lo più profughi che cercano scampo dalle guerre e le violenze che imperversano nei loro territori. Oltre il 40% delle popolazioni povere vogliono lasciare il proprio paese. Significa centinaia di milioni di esseri umani : finché il divario di reddito fra nazioni ricche e paesi poveri non diminuirà, questo flusso continuerà in modo incessante. E non mi sembra che si stia facendo nulla per modificare lo stato delle cose. Nulla per inventare nuove politiche sia di sviluppo, sia d’integrazione. Anzi. Abbiamo orchestrato guerre e mentito spudoratamente per farle, spacciandole attraverso i media come operazioni di pace. Abbiamo costruito milioni di armi e le abbiamo vendute illegalmente in ogni dove. E adesso ci lamentiamo se qualcuno le usa contro di noi. E se le usa, i titoloni si sprecano. Noi occidentali abbiamo praticato politiche internazionali assurde, violente e poco lungimiranti. Abbiamo trascurato le uniche armi che andrebbero usate: quelle del buon senso. Anche i media mi sembra che manchino molto spesso di buon senso. E di equilibrio. Vivono di strappi, singulti, iperboli spesso retoriche quanto subdole. Spingono sull’acceleratore in caso di efferata tragedia che ci riguarda da vicino e frenano quando si tratta di misere tragedie che hanno a che fare con povertà, solitudine, disperazione.
Ed ecco che allora la differenza tra l’aereo e il barcone salta agli occhi in modo dirompente. Come se a noi occidentali piacesse molto di più l’aereo che il barcone. Ma di fronte alla morte dovremmo avere un unico sentimento: quello della commiserazione universale e non del pietismo del particolare.
Michil Costa
Alto Adige, 29/03/2015