In questo frastuono continuo. In questo rombare di notizie, tragedie, affanni. In questo transitare di esseri umani in mare. E di veicoli in ogni dove, così in cielo come in terra. In questo esplodere di guerre. In questo ammasso di sofferenze e grida di dolore che lambiscono le nostre esistenze senza scalfire i nostri cuori. In questo fragore digitale, il silenzio appare come una necessità, un bisogno della mente e dei sensi. Non per mero riparo, fuga, devianza. Per cercare piuttosto, di ricomporre l’essere esteriore con quello interiore. Abbiamo bisogno di ricreare un equilibrio in noi stessi per ascoltare di nuovo. E non vivere nel putiferio dell’alienazione. Il silenzio è come il digiuno. Il digiuno di cui parlava Langer, ad esempio. Oggi sembra che le cose non tornino più, sembra che il significato delle cose, anche le più semplici, sia smarrito nel rumore quotidiano. Nonostante le nostre conoscenze, esperienze, studi, incontri, avventure accumulate, Facebook e twitter e relazioni virtuali, sembra di non sapere, soprattutto non sapere più cosa fare. Stop. Fermiamoci. Aspettiamo. Usciamo dagli automatismi, dalla meccanicità del quotidiano. Prendiamoci il silenzio, la libertà di essere silenziosi. Sì, ci vuole un bel coraggio. Oggi, però, il silenzio può essere salutare. Può aiutare a ricompattare l’io con gli altri. Nel silenzio possono nascere nuove consapevolezze. Non certo nel caos continuo e nel rumore. Il silenzio è rigenerante e pacificamente rivoluzionario. Il silenzio appare dunque necessario. Il silenzio è azione. Il silenzio è difesa. Il silenzio è forza. Il silenzio è amore. Buddha per affrontare le tre sofferenze, malattia vecchiaia morte, si ritira nella foresta per dieci anni. Mi piace questa immagine. Non dico che dobbiamo fare tanto. Però ritirarsi nel bosco e stare fermi per un po’, senza nemmeno camminare e capire che non si sa cosa fare perché non c’è niente da fare e quindi dovremmo smetterla di fare continuamente cose, potrebbe aiutare… La pratica del silenzio è un’esperienza di fiducia: in noi stessi, soprattutto. Il silenzio segna il compiersi del cambiamento, che avviene dentro di noi perché finalmente ci rendiamo disponibili ad esso. Il silenzio richiede immobilità. Non sto pensando alla meditazione come terapia, sto pensando a un silenzio interiore. Rigenerante e tonificante. E dal silenzio sorgerà una voce. Le orecchie devono essere libere, così come la mente il corpo e l’anima, per sentirla. Ed è la voce che dice di andare avanti, che indica una fase nuova. Un po’ come la luna quando nel suo apparire mostra la sua fase crescente. Nel silenzio una luce illumina una parte di noi stessi proiettando verso l’esterno la parte rimanente. E allora possiamo ripartire, più forti e consapevoli di prima. Prendiamoci un po’ di silenzio, non può che farci bene.
Michil Costa
Trentino, 24/06/2015