parco stelvioVenghino, siori, venghino, l’offerta è eccezionale. Tre per uno e vai di caccia, cemento, taglio indiscriminato degli alberi e speculazione selvaggia. Che c’importa? E’ il regalo migliore che possiamo fare al nostro amato parco, sì, il Parco Nazionale dello Stelvio, che ha compiuto ottant’anni e ha già vissuto fin troppo. Con l’intesa sottoscritta dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione Lombardia e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, si vuole smembrare, quindi annientare, l’area in tre parti e modificarne radicalmente la governance e le tutela. Sarebbe il primo caso di declassamento di un parco nazionale in Europa, del più importante parco in Italia, della più grande area protetta sul suolo nazionale. L’ipotesi che l’ente unico di gestione si smembri in un non precisato ‘comitato di coordinamento’, privo di qualsiasi personalità giuridica e che lascia a Regioni e Province Autonome piena autonomia deliberatrice fa paura. Com’è mai possibile che il Ministro dell’Ambiente e il Primo Ministro sottoscrivano un’intesa con la quale lo Stato, oltre a dismettere il finanziamento dell’ente, rinuncino a esercitare qualsiasi funzione di controllo nei confronti di un parco nazionale di questa importanza e notorietà? Fa paura perché da troppo tempo oramai e in troppi luoghi si pratica la politica del cemento.

Gli antichi raccomandavano la custodia oculorum, la disciplina dello sguardo, per evitare la contaminazione con la bruttezza, il peccato. Smembrare il Parco sarebbe un danno per i nostri occhi, una bruttezza per la vita, un peccato mortale nei confronti di Madre Natura. Non solo. Lo smembramento, come sostiene Luigi Casanova portavoce di Mountain Wilderness, metterebbe a rischio lo scopo stesso del parco: la biodiversità, la conservazione del paesaggio e nello stesso tempo la promozione del lavoro e di innovazione sul territorio alpino. E’ chiaro che la sorveglianza deve essere affidata a un unico corpo e che il Ministero dell’Ambiente deve poter disporre di pieni poteri. Perché se passa nelle mani di uomini della vecchia guardia SVP a Roma, che plaude per la divisione del Parco, non c’è speranza. Confido negli assessori all’ambiente Gilmozzi e nell’ottimo Richard Theiner che più di una volta si è dimostrato deciso a imporre la sua visione ambientalista. Così come sarà proprio Theiner a dire il si definitivo sulla chiusura a fasce orarie di alcuni passi dolomitici, sarà sempre lui a operare per il bene del Parco. 

I cambiamenti hanno bisogno di tempo, io sono speranzoso e la speranza va più lontano di una semplice attesa. Sono fiducioso che il Parco rimarrà integro in tutta la sua bellezza.

Non rimane altro, quindi, che appellarci al Governo e agli amministratori lungimiranti affinché non si avalli una simile decisione, altrimenti sarà inevitabile ricorrere alle istituzioni internazionali per evitare il triste primato europeo di declassamento di un parco nazionale.

Michil Costa, Alto Adige, 16/07/2015

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