È un maestro dell’ospitalità. Gentile e discreto, è una persona di grande sensibilità. In questi giorni lui e la sua famiglia sono sotto l’occhio del ciclone. Il motivo? La sua casa ospiterà, in collaborazione con la provincia di Bolzano e in virtù di una legge nazionale che dice che ogni regione o provincia ha il dovere di accogliere un certo numero di profughi richiedenti asilo – quindi già riconosciuti e passati per il centro di prima accoglienza -, ventiquattro persone provenienti dall’Africa centrale. Quanta paura per lo straniero. Soprattutto se è povero e nero di pelle. “Nihil sub sole novi” mi verrebbe da dire, nulla di nuovo sotto il sole, anzi: sotto la pensione al Sole. E che vi entrino in gioco forti questioni di pancia lo dimostra l’assemblea tenutasi l’altro giorno a Ortisei. Oltre 600 persone, tante delle quali giunte per ascoltare come e quando il nemico verrà a invaderci, si sono incontrate alla Casa della Cultura per discutere il problema: li vogliamo davvero questi esseri umani nel nostro paese immacolato? Sì è parlato erroneamente di clandestini, quando i futuri ospiti non lo sono affatto, sì è sentito il solito ritornello dell’ ‘aiutiamoli là’, come dire qui non vogliamo rotture di scatole, e altre assurdità inaudibili che è meglio sottacere. La paranoia è una psicosi con una preoccupante contagiosità sociale. Raggiunge un’intensità esplosiva quando fuoriesce dalla patologia individuale e infetta la massa. Lo dimostra un numero inquietante: 727 sono le firme raccolte in un piccolo paese come Ortisei e inviate all’amministrazione comunale per richiedere un’altra destinazione per i rifugiati. Invece di inveire, sarebbe più opportuno ragionare. E porsi ogni tanto qualche scomoda domanda. Abbiamo mai pensato che sono proprio fondi d’investimento europei a consumare il suolo nei paesi cosiddetti in via di sviluppo dai quali la gente poi è costretta a fuggire? Lo sappiamo che facciamo affari e ci corriamo gran premi e ci giochiamo i mondiali in Bahrain, a Dubai, ad Abu Dhabi, e riteniamo nostri amici chi finanzia non tanto di nascosto l’ipotetico stato islamico? Lo sappiamo che siamo spesso noi a scatenare guerre dalle quali intere popolazioni sono destinate a scappare per sopravvivere?flucht Lo sappiamo che depauperiamo i mari mangiando un tonno a caso e che alimentiamo le differenze sociali bevendo il caffè tanto comodo e buono nelle cialde della multinazionale? E ci pensiamo quando riteniamo di aver compiuto un buon affare comprando una camicia per 8 euro? Non è che scambiamo le parti tra di noi, che ci oltraggiamo a povere vittime quando siamo noi stessi i giustizieri? Noi stolti egoisti che con il mantra della crescita economica e con il credo della competizione indispensabile c’illudiamo che per mantenere integra la nostra società dobbiamo ‘svilupparci’ a ogni costo? Quanta brutale chiusura mentale e culturale, quanta dimenticanza storica: non eravamo noi poco più di mezzo secolo fa a dovere fuggire da questi luoghi, ed essere grati a chi ci forniva un pasto caldo e un posto sicuro? E che ridere mi fa, per non piangere, chi si eleva a paladino morale inveendo contro il foresto anziché ricercare quelli che sono i chiarimenti in condotte e sistemi individuali. E già che ci siamo, non ci fanno paura le decine di migliaia di turisti che arrivano? Non potrebbe esserci in mezzo qualcuno di pericoloso? Ci piaccia o no, quella che è chiamata “emergenza” è una questione da affrontare a cielo aperto, oltre le barricate. Che fare allora? Dobbiamo educarci a una vera rivoluzione interiore, intellettuale, di cultura. Di questa svolta epocale, di questa tragedia non basta essere spettatori attenti e giudicare il becero spettacolo offerto. Dobbiamo fare. E allora torno da dove sono partito, a Manuel Dellago da Urtijëi: un esempio concreto di come la volontà di un singolo possa essere forte. Un esempio di capacità a non lasciarsi influenzare. Una dimostrazione palese di come cultura e intelligenza siano le uniche armi per combattere una società che mostra il lato peggiore agitandosi contro lo sconosciuto per paura, stoltezza, viltà. Senza immaginare che quello sconosciuto può darci tanto, può farci evolvere, può portarci a un’intelligenza superiore. Caro Manuel, ti vadano i nostri complimenti e tutta la stima delle persone che sanno che stai agendo in modo giusto. Averti in squadra è per me imprenditore motivo di orgoglio e gioia. Da parte nostra continueremo ad appoggiarti e darti tutto il nostro sostegno. Puoi starne certo: la tua luce ormai non è più l’unica e i segnali di un vero cambiamento ci sono. L’altro giorno, a Ortisei, tanti erano con te. E in tanti crediamo in un mondo più giusto. Grazie a te, vero maestro dell’ospitalità per averci insegnato, alla Bruce Lee e con poche, decise, forti parole che “ci vuole azione”!

Michil Costa, Alto Adige 01/12/2015

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