“È nevicato finalmente?” quante telefonate in questi giorni. E noi ad arrampicarci sugli specchi: “Beh, sì, un po’ anche se…”. Ma la montagna senza neve è davvero una tragedia? No, non lo è. È meglio che ci sia, senza dubbio. Un inverno con i cirmoli colmi di neve, con le “pestoline” dei caprioli ben visibili fa più cartolina, è più bella, ma non per questo i monti sono meno autentici in mancanza del bianco mantello. È, al contrario, molto meno autentica la montagna meccanicizzata, il grande parco di divertimenti che ci troviamo sopra casa. È nella montagna moderna, rumorosa e fortemente antropizzata che alberga un declino in senso culturale economico, anche governativo. (…)

Questi mesi senza neve dovrebbero stimolare in noi idee e pensieri. Dovrebbero condurci verso la saggezza dei nostri avi, e farci capire che nel sapere del coltivatore bisogna avere fiducia. È in  questo sapere che possiamo assorbire, sintetizzare, capire, interiorizzare la montagna. La montagna senza neve può essere lo spunto per grandi e nuove opportunità. Come prendere per mano l’ospite e portarlo verso gli artisti locali, ve ne sono ovunque sparsi nei posti più disparati. Condurlo verso la bellezza di quell’arte contadina che ancora esiste, contemplando ad esempio le splendide architettura delle viles, (…)

Inverni così, i contadini li hanno sempre chiamati “feine Winter”, inverni gentili. Si risparmiava in riscaldamento e frumento. Quindi, adeguiamoci piuttosto che combatterlo un inverno così: è più intelligente oltre che più facile. Dobbiamo pensare avanti, andare oltre, e imbastire un dialogo bilaterale tra gli abitanti dell’Alta Badia e le altre zone montane. Un dialogo e uno scambio che dalle Dolomiti raggiunga la Valle d’Aosta e viceversa, e sappia coinvolgere anche i cugini d’oltralpe con delle strategie comuni. Tutto ciò andrebbe rafforzato per affrontare meglio le sfide del futuro.

michil costa, La Stampa, 17/01/2016

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