I deliri schizofrenici hanno come peculiarità una perdita del senso d’identità. Una crisi d’identità, si potrebbe così riassumere, è un conflitto psico-sociale che può avere ripercussioni sul modo di agire, di pensare e così via. Non andando però troppo nel dettaglio (non ne ho certo le competenze), posso dire con certezza che l’identità non può essere ridimensionata a una questione di lingua e di appartenenza etnica o di religione, non sarebbe abbastanza esaustivo. L’identità poi, si evolve, cambia, viene influenzata da persone, situazioni, dall’ambiente che ci circonda.
Se un’identità non si fa contaminare, se è chiusa, ramificata, può dare luogo a fondamentalismi dannosi per se stessi e per gli altri, un’identità che non si trasforma brucia libri e distrugge monumenti, è deleteria.
Il memorandum ladino del quale molto si parla, è un’aspettativa identitaria redatta da alcuni grandi vecchi e giovani intellettuali ladini. Ne sono artefici soprattutto due ladini doc Erwin Valentini e Lois Trebo. Nel loro programma politico-culturale, da leggere sotto noeles.info, toccano molti aspetti importanti, condivisibili, degni non solo di nota ma di apprezzamento. Che i ladini non siano sempre stati trattati abbastanza bene –e voglio qui usare un eufemismo…- dalla politica partitica del partito che qui governa da 60 anni, questo è sicuramente vero. Non dare l’importanza (e i finanziamenti) necessari a istituzioni che hanno fatto la storia dei ladini, iniziando dalla Union Generela di Ladins, passando per la RAI Ladina, alla Usc di Ladins, non avere mai supportato e sopportato una politica linguistica unitaria, solo per paura che i ladini potessero alzare troppo la cresta, tutto questo corrisponde a verità; la tripartizione fascista ha fatto e continua a fare danni, manca certamente una politica panladina unitaria, su tutto questo non vi è nessun dubbio.
L’identità però viene anche condizionata dall’ambiente. Non toccare nemmeno l’argomento, lo trovo riduttivo a dire poco. In questi ricchi luoghi nei quali ho la fortuna di abitare, si ragiona sempre ancora in termini di cubatura e stiamo soccombendo dal traffico –che noi stessi contribuiamo a generare-. Vivere in un paese con uno stradone che passa in mezzo non contribuisce di certo al benessere degli abitanti. Essere contrari, a una limitazione del traffico significa, pur avendola a cuore, non avere abbastanza colto il significato di identità.
Il memorandum, che parla di necessità della minoranza ladina e di rafforzamento dell’identità ladina mi pare avere un concetto antiquato, è zoppo. Personalmente credo che dare vita a una rivoluzione ambientale e culturale potrebbe portare molto più frutti che ribadire dei concetti sui quali si discute da anni. Oltre al fatto che un’idea eccessivamente indipendentista per il contesto storico nel quale ci troviamo, può diventare molto pericolosa. La storia ce lo insegna: nel 1910 vi era una certa globalizzazione, una democrazia, poi la crisi economica, i protezionismi e i nazionalismi hanno generato quel che sappiamo. Le varie chiusure dei singoli paesi europei ora, possono diventare molto pericolose.
La mia proposta è di usare, in questo vuoto di politica ladina, letteratura e cultura e attenzione per l’ambiente per il recupero di un’identità aperta, con le radici verso l’alto. Lascerei da parte la questione proporzionale, proverei a risvegliare le coscienze dei ladini andando in profondità, parlando di ribellione si, senza però tornare al 1916, quando l’idea del sacrificio di sangue era visto come atto necessario per rivoluzioni e le rinascite tipiche della cultura del tempo, in Irlanda, e poi in tutta Europa. La ladinia è piena di artisti, possono essere loro i veri artefici del cambiamento, sono loro che hanno a cuore un pensiero globale, una ribellione gentile, sono loro che hanno la sensibilità ambientale della quale dobbiamo assolutamente fare rinascere in noi. Sono loro il fulcro della società che si sviluppa positivamente. Non certo noi albergatori. E nemmeno l’homo oeconomicus che vive in noi.
Un vero movimento cultural-ambientale che tenta di riformulare in vari modi la complessa identità ladina ci porterebbe molto più avanti, e, oltre a creare malumori e fraintendimenti, donerebbe bellezza. E di bellezza ve n’è bisogno più che mai.
michil costa, Alto Adige, 01/03/2016