Io sono relazione, lo sappiamo bene. Io sono l’altro e dell’altro dovrei decantarne i punti di pregio, piuttosto che esaltarne le debolezze. All’altro posso chiedere aiuto, all’altro devo dare sostegno. Le cose non dette certo, possono essere fonte di allusioni, sospetti, difficoltà relazionali, le cose dette invece sono certezze: lasciano il segno, hanno un peso e influiscono sostenibilmente sulla relazione con l’altro. Se sono negative, magari addirittura accusatorie, sono anti-generative, non lasciano nulla di bello, peggio, qualcosa nella relazione può essere spezzato.
Io sono strettamente legato all’altro, nessuno di noi può avere la presunzione di riuscire a vivere isolato. Accuse e parole sono macigni, chi li usa può avere l’impressione di buttare dei sassolini nelle scarpe dell’altro, ma possono essere insostenibili pesi per chi li subisce. Posso sentire l’esigenza di liberarmi dai sassolini, come da una battaglia che devo vincere subito, ma non è così: sono invece gli strateghi a vincere, quelli che pianificano, che controllano e che hanno visione del tutto, che vedono lungo e che, pur essendo consci delle difficoltà, fanno i passi positivi. Non vince chi usa le freccette. Ci vuole riflessione, autodisciplina per tenere a freno l’impulso di dire tutto ciò che vorremmo dire in certi momenti. Come manager, oltre che come persona, ho la necessità e il dovere di capire che il mio comportamento ha degli effetti sull’altro, su tutto l’andamento del gruppo e quindi sull’attività. Solo allora riuscirò a calibrare il mio approccio e vedere il problema come un’opportunità e non come un blocco; un’opportunità che avrà un’influenza positiva sull’intera azienda.

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Come persone abbiamo una grande capacità: quella di essere resilienti e di averne la consapevolezza. La resilienza è quella cosa, che ci permette di rialzarci in continuazione, che ci rimette in piedi facendoci crescere, che ci fa cantare vittoria e godere della stessa, quando le cose vengono aggiustate. È importante godere dei successi, stappare una bottiglia, regalarci un sorriso, trasformare ansie e agitazioni in qualcosa di bello. Come persone abbiamo la capacità di tramutare le inevitabili agitazioni che ci capitano, in stimoli creativi, in velocità esecutive, in qualità lavorative. Controllare un’agitazione non sempre è facile, ma se ci riusciamo, ne nascerà qualcosa di meglio. Inutile aspettare con ansia che l’ansia ci passi. Gli screzi, le difficoltà di lavoro, le problematiche, anche se solo presunte, dipendono da come sarà il mio approccio alla questione e potranno e dovranno essere risolte con perseveranza, controllo, positività. Non spostando il problema, ma approcciandolo in maniera positiva. Se sono un rinunciatario nella vita, posso lasciare perdere, ma se voglio dimostrare a me stesso e agli altri di avere coraggio, se voglio camminare a testa alta, non mi lascerò prendere dai disordini mentali. Avere coraggio significa fare senza testimoni, ciò che si riuscirebbe anche a fare davanti a tutti. 

Devo vedere l’altro come persona le cui qualità vanno innalzate, piuttosto che pensare di batterla o combatterla andando a mirare alle sue debolezze. Non dovrebbe, ma può succedere, e poi come posso fare per riaggiustare? Chiedendo aiuto all’altro, con umiltà, capendo le mie di debolezze e dimenticando quel che è stato. Mettendo da parte l’orgoglio, primo ostacolo sulla via del successo. Devo donare me stesso, se voglio sentirmi umano, devo perdonare. Se ho sbagliato chiederò scusa, e se quello mi ha fatto un torto? Lo perdonerò. Tutto ciò che accade, è già passato.
Alcune persone il successo lo sognano, mentre altri si svegliano e lavorano sodo! Auguriamoci un buon stare insieme, perché, come dice Michael Jordan, con il talento si vincono le partite ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati.