Come ci riferisce
Socrate -secondo quanto afferma Senofonte nei Memorabili-: “Io penso che non
aver bisogno di niente sia divino, di pochissimo sia molto vicino al divino:
ora il divino è la perfezione stessa e quel che è più vicino al divino è più
vicino alla perfezione.” Non so quanto fossero vicini alla perfezione, ma certo
sappiamo che pur vivendo con molto poco, i giochi invernali nel lontano 1956,
gli ampezzani non li volevano. E nemmeno i gardenesi vollero più ripetere
l’esperienza del 1970 dei Mondiali. Se non si pensa bene non si agisce bene, è
sempre Socrate che parla e ci fa riflettere: “Ottimo uomo, non ti vergogni di
occuparti delle ricchezze per guadagnare il più possibile, e della fama e
dell’onore, e invece ti occupi e non ti dai pensiero della saggezza, della
verità e della tua anima, in modo che diventi il più possibile buona?”

Sochi è diventata famosa, Torino non so se si sia arricchita, ma dal punto di vista socioeconomico le due Olimpiadi sono state un fallimento. E se la vitale Milano carica di energia e positività sembra essere pronta per un altro grande evento, il piccolo Südtirol-Alto Adige si troverà certamente ad affrontare una situazione molto complessa. La decisione di organizzare le Olimpiadi dovrebbe essere dettata dalla politica, quella vera, quella della quale sembra ce ne siamo dimenticati, quella più pura, etica, che decide in termini di progresso e non di tangenti ed oggi di rubli clandestini, cioè di fare il meglio per il bene della popolazione. Il grande evento che ci piomberà addosso è soprattutto dettato da fattori di sviluppo. E lo sviluppo non è altro che il potenziamento di una singola dimensione, in questo caso prettamente economica. Una società che pensa e agisce solo per avidità di denaro diventa una società in regresso, corrotta nei valori: una civiltà cade per corruzione di costumi.
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