Qualche giorno fa sono stato invitato a una riunione strategica. Si è parlato dell’importanza del ruolo di rappresentanza di un presidente di un’organizzazione, di un’azienda, di un’istituzione. Un presidente ha responsabilità verso l’esterno, deve dare l’immagine di un nucleo unito e compatto. Nelle comunicazioni ufficiali è doveroso mantenere sempre un ruolo istituzionale, mantenere salda l’immagine della struttura. Se questo non avviene, se dovessero esserci casi di malagestione, il presidente è il primo a dovere trarne le conseguenze, dato che lo scopo del suo ruolo non è la soddisfazione personale, bensì la buona credibilità a lungo termine dell’istituzione. In riferimento a questo tema, l’importanza dell’unione, ho pensato alla parabola dei Capponi dei Promessi Sposi. Renzo, dopo l’infuriata con Lucia, va dall’avvocato Azzeccagarbugli, nota personalità lecchese, per capire di che morte morire. Dato che a mani vuote non ci si presenta, il nostro eroe porta dei capponi che tiene stretti per le zampe, e quelli non trovano meglio da fare che beccarsi a vicenda. La metafora è chiara: quando ci troviamo in difficoltà invece di essere solidali e di fare fronte comune con coloro che si trovano nella nostra stessa situazione, tendiamo a “beccarci” tra di noi. Accusandoci a vicenda dei fallimenti, tentiamo di sfuggire alle nostre responsabilità, mettendo sempre in evidenza i nostri pregi in contrapposizione con i difetti altrui, cercando di “chiamarci fuori” anche se, come succede ai capponi, ci siamo “dentro” in pieno.

In un’azienda, in un’unione che persegue un obiettivo e uno scopo comuni, è fondamentale avere il coraggio di dire le cose apertamente, senza beccarsi, senza essere permalosi ed essere sinceri con noi stessi. L’obiettivo deve essere sempre quello di fare in modo che tutto proceda per il meglio, di mettere il dito proprio lì dove le cose non vanno abbastanza bene e migliorare costantemente e ostinatamente quel che funziona. È importante porsi le giuste domande quando sorgono dei problemi, per trovare una soluzione, una nuova via comune.
Non dobbiamo dimenticare però che generalmente le cose super innovative, i trend rivoluzionari di oggi, domani possono essere già passato. Penso a piatti triangolari decomposti rivisitati o agli arredamenti tirolesi noiosamente tutti uguali, moderni, standardizzati e globalizzati. Spesso si tende a voler cambiare aspetti della nostra vita che vanno bene perché ci sembrano sempre la stessa cosa, non riuscendo a cogliere l’importanza longeva di ciò che chiamiamo tradizione. Una buona tradizione, a parer mio, non è altro che un’innovazione accettata, consolidata, ben strutturata che dura nel tempo. Il classico, con la sua peculiarità iconica, non va modificato. In latino il classico è l’eccellente, il classico è un esempio storico, una radice di cultura. La musica è colta proprio perché perdura nel tempo; nella letteratura la caratura di un libro parlerà a chiunque in ogni tempo.

E mentre cammino in direzione Acquapendente, visto che ho iniziato con una storia, finisco con una storia: un signore di Longiarù raccontava, riferendosi alla raccolta dei brodi, le nostre pigne: “C’era uno stregone che doveva fare un esame di stregoneria su una cima, presso San Martino. Al riguardo, doveva raccogliere i brodi da un albero che stava su questa cima e che presentava pigne rivolte verso il basso. Ma per lui diventò troppo freddo e così lasciò perdere.” Come a dire, senza impegno, perseveranza, ostinazione, tenacia e volontà non si va da nessuna parte, nemmeno chi si ritiene uno stregone, perché alla fine le sue stregonerie mostreranno sempre il fiato corto.