Domani torna la competizione che porta gli appassionati attraverso i passi alpini più belli. Un’edizione ispirata al talento: Le Dolomiti come un’opera d’arte.
Non so cos’è l’arte. Ma non so nemmeno cosa non è. So solo che magicamente sono trasportato in un’altra dimensione quando vedo un Cristo volante che con dei raggi cosmici colpisce quell’uomo. Potrebbe essere un’opera di Gilbert and George, non fosse per quei dettagli bizantini e la tavola cuspidata con fondo oro. Sono le stigmate di san Francesco di Giotto; son passati settecento anni, un’opera rivoluzionaria, violenta, inusuale per quei tempi. E mi impressiona Christo quando impacchetta i grandi monumenti. SÏ, mi importa l’arte perché mi importa della vita. La sento un po’ come una tenda magica, ne ho bisogno. Come ho bisogno della roca voce di Tom Waits e come non posso fare a meno di Frank Zappa, genio assoluto del 900. Mitica la copertina del disco con lui seduto sul water. Non so cosa sia arte vera o arte falsa, ma sento che arriva là dove le parole si fanno mute. È arte anticipatrice o è aspra presa in giro la merda d’artista di Manzoni, e chissà se il buon Piero avrà preso spunto dall’orinatoio di Duchamp, in scatolata e venduta a quasi 300 mila euro? Vogliamo disquisire se le feci monumentali al museo di Rotterdam sono artistiche? E la banana di Cattelan? E l’arte involontaria, quella che Gilles Clémente teorizza sostenendo che “per chi sa osservare, tutto è arte”? Ma l’arte, forse, non è mai troppo forte, semmai è troppo debole. O troppo poco recepita. Non è che l’arte viva in una bolla elitaria, di fatto l’arte è dappertutto, nelle periferie più degradate come nell’atmosfera. Troppo spesso siamo noi che ce ne stiamo alla larga. Non sopporto quei politici rozzi che disprezzano l’arte, dicendo che con quella roba non si mangia. Infatti si ingozzano di chicchi di rosario e vomitano banalità. L’arte, invece, è una potente forma di resistenza contro il brutto che attrae, che adesca. L’arte è catartica, è un argine di difesa all’idiozia umana, allo strapotere dell’uomo sulla natura. Mi piace Banksy, oggi forse l’artista più conosciuto al mondo che condanna le atrocità della guerra. Memorabile l’incursione artistica nella Striscia di Ghaza nel 2015, ironicamente documentata nel suo sito sotto forma di un video di promozione turistica. Non so, ma l’arte mi fa ballare, mi innalza quando vedo le opere greche, e la precisione e l’amore per il dettaglio lo ritrovo nel Canova, e mi sento catapultato in un mondo altro e veloce e ritmico quando sono davanti alle opere di Balla, Boccioni, Russolo e Depero, lui sì, affascinato dalla bici. Anche Schifano lo è, autentico nipotino pop del Futurismo. Al punto che disegnò in un’edizione del Tour di parecchi anni fa le tre mitiche maglie: la gialla, la verde e quella a pois. E se la Maratona quest’anno ha come parola chiave Ert, arte in ladino, il motivo è semplice: abbiamo voluto accostare ai capolavori dolomitici che si stagliano maestosi nel cielo, lo scintillio cromatico di migliaia di pedali e di manubri e di schiene ricurve che nel silenzio di strade per una volta chiuse al traffico compiono la loro liturgia dinamica. Arte pura, performance istantanea realizzata da migliaia di persone provenienti da tutto il mondo. La Maratona più che una gran fondo, è un happening vero e proprio, e lancia come sempre un messaggio forte e chiaro: libera bici in libere strade.
E va così, l’arte, anche nelle sue forme più incomprensibili, è sempre di tutti. Può avere slanci immediati, come ci ha insegnato Warhol, può essere drammaticamente giocosa, come si divertiva a fare Keith Haring. Può avere un’indole catastrofica, come nelle opere di Anselm Kiefer, o autolesionista come ci ha mostrato Marina Abramovic. L’arte ha sempre un compito preciso, costante in ogni epoca: affrontare le sfide del futuro, farsi politica, messaggio, seguendola poesia che fa, da poesis, fare, come ci insegna la ribelle Saffo che spregiudicatamente si rivolge a un’altra donna. E noi qui che stiamo ancora a dibattere sul ddl Zan: siamo fuori tempo massimo. Come dice Aristotele nella poetica, il vero protagonista della tragedia è l’azione. Sono passati un po’d’anni, ma, senza passare per la Tragedia, possiamo sempre usare l’arte per meditare su potere e giustizia e ordine sociale. E sulla natura snaturata dall’uomo. La 34a Maratona dedicata all’arte può essere un ottimo pretesto.