Ho visto i trattori marciare su Roma, per non marcire.

Obiettivo: il governo patriota che ha istituito per gli autisti dei trattori il Ministero della Sovranità alimentare con tanto di Ministro senza competenze, ma con un portafoglio bello pieno, parente della Prima Donna.

Ho visto, e me ne ricordo bene, la prima uscita pubblica del Primo Ministro nel villaggio della Coldiretti al castello sforzesco di Milano, con tanto di solenne promessa, tra una forma di grana e un culatello, che nessuno avrebbe più potuto ignorare la voce dell’Italia.

E poi ho visto le grandi mosse di Sovranità alimentare: vietare la produzione e la commercializzazione della carne sintetica. Quella Sovranità alimentare che ama più i nostalgici pesticidi che le nuove frontiere.

E poi ho assistito a uno strano cortocircuito sovranista: la Prima Donna che si ritrova la Nazione messa a soqquadro proprio dai coltivatori diretti.

Poco importa se il governo tutto Legge e Ordine ha varato poco tempo fa un pacchetto di misure che considerano i bocchi stradali come atti terroristici; ma quelle erano misure pensate per i giovani ecologisti, mica per i beneamati agricoltori. È questo il senso della nostra destra per lo Stato?

Tutto questo bel vedere, compresa la faccenda dei trattori, mi fa pensare che a questo mondo nessuno, e per nessuno intendo persone, classi sociali, comunità, paesi, città, nazioni, sia disposto a rinunciare a qualcosa per il bene di tutti. I trattoristi vogliono sgravi fiscali e la possibilità di usare la chimica senza se e senza ma. Loro contenti di ricavare profitto avvelenando il prossimo, altri scontenti per via di tumori e chissà cos’altro, gira male il mondo.

Tutto questo bel vedere mi fa capire che la transizione ecologica non avverrà mai per come siamo fatti noi oggi, in tutte le parti del mondo.

Probabilmente avverrà per imposizione e tramite fatti traumatici. Del resto, noi umani siamo fatti così: egoisti, miopi, e anche un po’ ottusi.

Se non è ottusità questo ritorno al fascismo in veste contemporanea, come vogliamo chiamarla, genialità? Un ritorno al passato come tipica reazione di quella parvenza di Sapiens che piuttosto che ridimensionare, rivalutare, condividere il bene preferisce agire nel male e fare del male. Gira strano il mondo.

Tutto questo bel vedere mi fa pensare al nostro rapporto con la natura. E nonostante tutto voglio essere positivo.

Ed ecco che forse potremmo trasformare la nostra ansia e insicurezza climatica in solidarietà, una solidarietà abbastanza forte da superare gli interessi particolari e sempre favorevoli alle soluzioni inadeguate presentate nelle politiche climatiche dei governi. Insomma, scendere dai trattori e venirsi incontro e ragionare in modo diverso, nuovo, propositivo, collettivo.

E non più e solo corporativo. Iniziare a capire tutti insieme, al di là degli onnipresenti fini elettorali, che la transizione ecologica richiede uno sforzo da parte di tutti, che è più che opportuno lasciare parte dei terreni incolti, che bisognerebbe limitare l’import, che ci vorrebbe certo meno burocrazia. E non pensare solo e sempre che siano gli altri i più colpevoli e quindi debbano essere loro a pagare il prezzo più alto di questa transizione.

Il National Intelligence Council degli Stati Uniti pubblica ogni quattro anni il rapporto Global trends che sottopone alla Casa Bianca. In questo rapporto si prevedono le minacce e i motivi di insicurezza che il mondo dovrà affrontare nei prossimi decenni.

Ecco il succo, in estrema sintesi, dell’ultimo rapporto: di fronte a condizioni metereologiche estreme, uso improprio dell’acqua, innalzamento del livello del mare, cambiamenti sociali e istituzionali, disuguaglianze, instabilità, conflitti e altro i funzionari americani prevedono una rivoluzione ambientale globale guidata dai giovani che alla fine porterà alla creazione di una nuova organizzazione internazionale: il Consiglio per la sicurezza umana.

Con buona pace di quelli di destra destra e Salvini, che i giovani li vogliono o col braccio alzato o muti o in galera.

.m