Statue, intorno a me; le guardo: una se ne rimane un po’ defilata, è riflessiva, pacata. Una ha i suoi anni, e li porta con grande dignità. Un’ altra, invece, quella in mezzo alla cortaderia selloana, una pianta unica per i suoi fiori a pennacchio, ha la testa inclinata. È empatica. È empatico chi china la testa di lato (?) o è solo civettuola? E le due statue gemelle?
Una guarda verso nord e una verso sud. Avranno uno spirito unico? Gemelle siamesi con un’unica coscienza? Espira le sue angosce, pare boccheggiare. Forse soffia verso il divino?
Come se lei stessa fosse divinità creatrice? Oppure come Eolo gioca con l’aria? Un’altra statua qui, nel tronco, è bella, sembra il dio Apollo, è il caso di dirlo: un novello Kouros, solo più rigido. Un’altra ancora guarda verso l’acqua.

Come stanno bene qui nel giardino del nostro albergo Posta Marcucci.

Sentono l’energia delle acque, e qui l’acqua sgorga dalle viscere, dal di dentro.
E queste opere, che è bello avere nel nostro parco, hanno sentito l’energia di mani laboriose.
Di un bambino che fu carbonaio. Poi scalpellino, muratore, creatore. Con le mani a vivere la vita, a darle forma.

Romualdo dalla Montagna è poeta, denso di entusiasmo, di entheos, quel combustibile interiore di ispirazione divina.

Forse non lo conoscete, anzi sicuramente no, ma vi prego andate a cercarlo. È un Maestro che forma un’arte spontanea, selvaggia, indomita, come l’acqua, irruenta e indomabile, capace di
livellare qualsiasi cosa e di rigenerarsi in un ciclo eterno.

L’acqua: il nostro pianeta è fatto principalmente di acqua, noi stessi proveniamo dal mondo marino, siamo pesci convertiti a vagare sulla terra. Sono passati 380 milioni di anni, da quando fu fecondato il primo ovulo, il pesce incontrò la sua pesciolina, nacque la prima diversità. Prima di allora esisteva (quasi) solo la vita asessuata. Senza l’incontro del diverso saremmo rimasti uno identico all’ altro. Omonimi identici ovuli, senza identità.

Che bella la diversità che diventa normalità con buona pace del generale, che non è dietro la collina, ma a Bruxelles.

Il maestro Romualdo è diventato custode della sorgente dell’Ermicciolo nel 1960. È una sorgente fondamentale, disseta Siena.

In quell’anno che ci pare così lontano accaddero molte cose: la morte di Fausto Coppi, di Olivetti, Malcom X, e al povero Monte Bianco fecero un bel buco in pancia, il governo
Tambroni tentò di resuscitare i fascisti, già, tutto torna, niente muore. “Un’idea morta produce più fanatismo di un’idea viva: anzi, soltanto quella morta ne produce. Ecco perché ci piacciono i Martiri. Poiché gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte.” Aspra e vera l’analisi di Leonardo Sciascia.

Dolce e vera, e soprattutto viva è invece l’arte del Maestro Romualdo che custodirà l’acqua toscana per 33 anni fino al 1993. Custode e solitario devoto di un tabernacolo laico della forza
generatrice più grande. A volte veniva svegliato, suonava l’allarme: era successo qualcosa alla sorgente? E su, dieci chilometri in salita, un campanello che era dolce ossessione.

La sua forza sta in quelle mani erculee, e ha saputo scolpire con una grazia di dolcezza infinita. Modellando l’inanimato per regalargli l’anima. La pietra è madre, sorella e figlia.

Ci riporta alla fatica di vivere, è sempre stato così. Demetrio che era Cinico diceva “Nulla mi sembra più infelice di un uomo a cui non è accaduta mai nessuna avversità”.

Vivere è dare forma dove forma pare non ci sia. Il Maestro è stato capace di penetrare nella materia e farla vivere.
Stanno bene nel nostro parco le Sue opere.

Tutto muta e tutto è in tutto. Eterno παν di cui siamo parte, e in questo nostro parco ora c’è un qualcosa di quel carbonaio bambino.

Grazie Maestro per averci coinvolto, portati a conoscerci per provare a farci dialogare relazionandoci attraverso le Sue opere.
Incontrarsi vuol dire creare una relazione e attraverso l’arte nasce l’unione tra immutabile e mutabile, tra materia e vita; cerchiamo di dare un senso alla vita che è materia e spirito, forma e mutazione.

Ma no la vita non ha un senso, ha il senso che le diamo noi.
E queste opere che abbiamo la grande gioia di avere con noi, insieme, ci aiutano a trovare pezzi di umanità.
E di quella ce n’è bisogno, come di acqua nel deserto ha bisogno un viaggiatore smarrito.

Che sia un buon agosto!

.m