Le Olimpiadi sono finite e già mancano a tutti noi. Per fortuna ora a farci compagnia abbiamo i fantastici atleti paraolimpici.

Ho visto un bell’arcobaleno distendersi dalla Torre Eiffel fino alla marina di Marsiglia e ancora più lontano fino ai mari esotici di Tahiti.
L’intelligenza è sensuale direbbe qualcuno e così è Parigi in questi giorni di festa dello sport. Un’energia incredibile con ragazze e ragazzi da ogni dove e che esprimono bellezza da ogni poro.
Uguali e diversi, cittadini del mondo, uniti dalla volontà di vincere e superarsi.

Mattia Furlani, incredibile medagliato italiano ha detto che ha amato stare nel villaggio olimpico perché si incontrano persone di ogni genere, una babele a cinque cerchi pacifica e, appunto, sensuale.

I giochi olimpici prima e paraolimpici poi ci stanno regalando una visione di un mondo possibile: un mondo misto, condiviso, e libero di tutto quel vecchiume espresso da governanti che abitano un mondo che ormai è estinto. Dinosauri che non vedono la cometa arrivare.

Una cometa di, per dirla alla francese, libertè – egalitè – fraternitè.

Che imbarazzo mi ha causato la destra italiana con il suo sproloquio sulla pugile algerina Khelif.

Che emozione ho provato con le nostre Alice, che nella loro tana del Bianconiglio hanno trovato preziose medaglie. Alice D’Amato che su una trave sottile sottile volteggia come solo i colibrì sanno fare, e Alice Bellandi, che libera e forte dopo aver vinto nel Judo la sua medaglia corre a baciare la sua compagna Jasmine, e con quello che vediamo in Italia è sì davvero un atto di determinazione fantastico.

E amo le grandi imprese, di piccoli paesi, nella prova regina dello sport: i cento metri. Una disciplina immediata, e per questo così magnifica nel suo essere terribile, anni di lavoro e sacrificio che vengono espressi in una manciata di secondi. Così l’impresa di Julien Alfred che rappresenta una piccola nazione dei Caraibi, Saint Lucia è ancora più meravigliosa. Nella stessa gara ha corso Kimia Yousofi, che è afghana e corre per un popolo che soffre e per le donne oppresse dai talebani.

Mi piacerebbe, nel computo dei progetti che la fondazione di casa – la Costa Family Foundation – ha in Afghanistan, poterle dire grazie per quello che fa.

Che dire poi delle magnifiche ragazze del volley che squadra! Rappresentazione vera dell’Italia migliore, a rotazione sul parquet c’ erano ragazze con ascendenze diverse, chi tedesca, chi russa, chi ivoriana, chi nigeriana, e tutte più italiane di tanti presunti condottieri a cui piace dividere i gruppi e non unirli, guidate poi da un argentino che aveva rifiutato e combattuto contro i generali di un’Argentina martoriata (chissà perché poi i generali tornano sempre di mezzo quando si parla di razzismo, giusto Sig. Vannacci?). Tutte e tutti loro un’onda lunga che spazza via rancori e idiozie social. Le donne sono l’azzurro di un’Italia che cancella le divisioni. Sono il presente e il futuro. Un immenso giulan, grazie a tutte voi.

Quante storie vi sarebbero da raccontare di queste Olimpiadi magnifiche e quante ce ne sono nelle Paraolimpiadi (caro Alex Zanardi qui penso sempre a te). Storie che arrivano da lontano e che vanno lontano, verso il mondo che vogliamo. Sì, sempre più lontano.

Ecco l’insegnamento di questi bellissimi Giochi. Andare oltre l’ostacolo, oltre il traguardo, oltre il muro dell’indifferenza, della miopia, del conformismo. Mi viene in mente ora la finale della Spada femminile. L’italiana Santucci si confronta per la stoccata finale con la francese Mallo-Breton. L’Italia porta il colpo, è gloria, ma nel volto bello e pulito della Breton comprendiamo quanto valga l’impegno e l’amore per quello che si fa. Piange disperata la Breton e le sue compagne accorrono, le si stringono intorno, condividono unite il suo dispiacere ma la risollevano, le asciugano le lacrime. C’è da festeggiare una medaglia d’argento: unite.

Per non parlare della forza di volontà di Nadia Battocletti che arriva da un ridente paesello di mille abitanti tra prati e boschi dell’Alta val di Non, e a Parigi si ferma appena a un decimo di secondo dall’oro. Il suo rettilineo finale nei diecimila metri è qualcosa di strepitoso. E per fortuna che aveva problemi al tendine e che papà non voleva che corresse. Che bello disobbedire ai genitori qualche volta.

E poi c’è la storia di Andy Diaz, triplista che arriva in Italia da Cuba e non ha un posto dove stare e i soldi per mangiare. Va dal grande Fabrizio Donato, bronzo olimpico nella stessa specialità e ora allenatore di Andy, che gli offre un tetto e gli dice come fare per ottenere asilo politico. Bella storia di ospitalità e generosità. Perché il futuro è di tutti.

Ecco, queste ragazze e ragazzi sono quelle e quelli che andranno sempre più lontano anche se qualcuno vuole tirare il freno a mano e dividere per imporre il proprio volere. Questi ragazzi di ogni dove sono una squadra variopinta, bella come la speranza e che un giorno vincerà anche nel mondo reale. Uniti insieme in un mondo che condividiamo oltre i cinque cerchi, oltre ogni confine che abbiamo pensato di creare.

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