Perché?
Tutte le cose importanti, sagge, decisive, illuminanti, assolute, poetiche, meravigliose e imprescindibili sono già state dette, scritte, musicate, dipinte, filmate, scolpite. E forse, visto come sta girando il mondo, appaiono del tutto inascoltate, perfino inutili. E allora perché scrivere un libro, l’ennesimo fra i tanti? E perché leggere un libro proprio del sottoscritto? Prima Aristotele o Nietzsche, e se ci si vuole divertire davvero ecco Gogol, e se si vuole piangere, ecco Saramago. Più qualche decina di migliaia di scrittrici e scrittori che di sicuro sono assai più istruttivi di un libro che parla di turismo e di ladini, di paure e conflitti, di opportunità e incontri. Ecco, l’incontro. Il senso della vita. Certe volte penso di aver scritto un libro perché volevo incontrarmi. Dare sostanza ai miei pensieri nelle notti illuminate dai fiocchi di neve, nei giorni assolati delle estati dolomitiche così brevi, così lancinanti. Avvertivo un’impellente necessità, sentivo il desiderio di confrontarmi in tutta umiltà con le saggezze dei grandi del passato, riscriverle riflettendoci e provare a comprenderle. Ora che è pubblicato, ed è una strana sensazione sfogliarlo fra le mani, ho capito che grazie a questo libro mi sono educato, che ho tirato fuori il meglio di me stesso, che ho incontrato persone meravigliose lungo il cammino. E ho capito che la migliore versione di me stesso deve ancora palesarsi. E già, il futuro, il tempo, la vita. Sulle parole, a quanto pare inutilmente, si deposita il tempo. Un tempo che va oltre la raffigurazione stessa della parola e si dilata oltre i suoi confini. Questo è il potere delle parole, che acchiappano un oggetto, un volto, un paesaggio e nello stesso istante lo immobilizzano nel tempo, al di là di ogni aspetto documentativo. Dunque, perché leggere queste parole fresche di stampa? Se c’è una ragione plausibile è che vorrei che queste parole, queste pagine, fossero il pretesto di un incontro: con chi le legge e le sfoglia, con me, con il mondo che ci appartiene. Le pagine non vogliono essere un monologo, piuttosto un dialogo. Un principio di confronto. Questo mi piacerebbe: avviare un discorso con chi vuole condividere il mondo – il concetto – dell’ospitalità. Che è praticamente tutto quello che ci ruota intorno. E allora leggiamoci a vicenda, troviamo fra parole, gesti, idee e creatività il modo di superare le barriere che l’industria turismo, per implementare se stessa, sta costruendo intorno a noi.