L’avevo conosciuto oltre venti anni fa. Poi ci eravamo persi di vista. Certo, di lui leggevo, del suo caratterino si sentiva parlare, sapevo che era un profondo conoscitore, un viaggiatore curioso che era stato in Perù, ad Haiti, in Amazzonia e in India per capire da dove venivano i migliori chicchi di caffè.Sapevo che era rimasto uno dei pochi al mondo a torrefare i chicchi direttamente con la fiamma aperta, caffè che bevevo solo nei posti giusti. Ma per qualche strano motivo, dopo quel primo incontro, non ci eravamo più cercati. Ed ero troppo ignorante per capire che lui e solo lui era il vero e unico angelo del caffè. Non mi ero mai preso il tempo di conoscerlo meglio, attratto e deviato da mille altre cose, rimandavo sempre una visita. Ora Lo spirito libero Gianni Frasi non c’è più. E sono così spiaciuto di non essere riuscito a organizzare un concerto blues al Barrino, a Bagno Vignoni. E mi spiace non avere passato più tempo al suo fianco, non avergli chiesto più cose, non avere parlato più di musica.
“Michil, hai impiegato diciotto anni a capire cos’è un caffè buono.”
Gianni Frasi
Poi però, tre anni fa lo chiamai chiedendogli se potessimo avere il suo caffè nelle nostre case. Ancora non sapevo che non funziona così.Lui il caffè lo dava a chi se lo meritava, a chi era disposto ad ascoltarlo e a prendere lezioni da lui. E a farlo come lui voleva. Con le macchine che lui imponeva, “le uniche giuste, quelle senza luci e diavolerie varie, opportunamente modificate come dico io” e le tazzine come lui le voleva. Qualcuno lo chiamava strambo, o stravagante, ma lui si sarebbe rivelato essere uno degli uomini più affascinanti che abbia mai conosciuto in vita mia.Impulsivo difensore di una fede tenace per la qualità del caffè, ci concesse un appuntamento. Ci fece un immenso regalo: ci coinvolse con il suo pensiero, con la sua idea grande del bene e del bello, con il suo sapere. Ore meravigliose: noi, incantati da tanta saggezza, non riuscivamo a smettere di stupirci per i continui aforismi, pensieri profondi, conoscenza che continuava a trasmetterci. Era un fiume in piena. Un radicale allo stato puro. Alla fine decise che sì, lui, il cacciatore di chicchi, il suo caffè ce lo avrebbe dato. Ci congedò dicendo: “Michil, hai impiegato diciotto anni a capire cos’è un caffè buono.” Ora lo so Gianni, grazie e, credimi, dopo quell’incontro, so cos’è un buon caffè. Gianni, angelo lassù, Dio ti abbia in gloria. Ti auguro di suonare il blues lassù, di divertirti molto. Ciao Gianni, amico di profumi: ogni volta che berrò un tuo caffè, ti rivolgerò un pensiero.E sorriderò dentro me, perché so che tu mi guarderai da lassù con il tuo ineffabile sorriso.