Bruciare la casa per accendersi una sigaretta. A questo può essere paragonata l’idea del tunnel sotto il passo Gardena. Un’idea bislacca che aveva anche un suo perché tre decenni fa, quando di traffico ce n’era molto meno. Un concetto di mobilità deve sempre essere pensato fino in fondo, coinvolgendo i comuni limitrofi e le valli che ne sono direttamente interessate. È evidente che un tunnel aumenterebbe di molto il traffico nella val Gardena e anche in Val Badia, ed è scontato che le rumorose moto, i pullman dei turisti, e tutti coloro che non vogliono rinunciare al proprio mezzo per godersi i dolomitici panorami non andrebbero a infilarsi in un buco sottoterra.
Da
un po’ di tempo abbiamo perso la bussola, ci stiamo dirigendo verso una
direzione che non può, in futuro, portare benessere alle persone.
Qualche anno fa, era il 1215, venne firmata la prima Magna Carta. Era un documento sui diritti dei cittadini, che in seguito avrebbe dato vita alla Carta della Foresta, che invocava la protezione dei “commons”, dei beni comuni, da ogni potere esterno. I “commons” erano coltivati e curati in comune, le ricchezze erano a disposizione di tutti e venivano tutelate per le generazioni future. Nelle nostre zone conosciamo le Regole di Cortina d’Ampezzo, e ancora oggi nelle vicinie si custodiscono e si curano appezzamenti di terreno comuni. Ora i beni comuni si restringono sempre più sotto i nostri occhi, non sono più protetti per un uso cooperativo, ma preda di una liberalizzazione della quale poche ma potenti categorie ne approfittano.
Credo
che non solo le singole rocce, Patrimonio dell’Umanità, ma anche le zone
tutt’intorno dovrebbero avere una maggiore tutela ambientale. Continuare a
violentare Madre Terra, vedere i passi dolomitici brutalizzati da orde di
turisti che d’estate si sposta su un numero atroce di migliaia di autovetture e
moto, è doloroso e a volte mi viene il
dubbio che forse si stava meglio prima, dagli albori del turismo fino
all’inizio del boom negli anni Settanta. “L’induzione di bisogni”, cioè
indirizzare le persone verso le cose superficiali della vita, così la chiamava
il grande studioso di economia politica, Thorstein Veblen, spinge le persone a
ricercare il solo vantaggio personale. Dobbiamo uscire dal pensiero “prima noi
e poi gli altri”, dobbiamo, in comunione, avere la capacità di un’idea più
alta, quell’idea platonica del Bene e del Bello, metterla come caposaldo, come
indistruttibile, invalicabile, eterna.
Mi manca un forte movimento ambientale
nelle valli ladine, in regione, in Italia. Sono però fiducioso su una svolta a
livello globale. Prima
o poi arriverà di certo una grande spinta che porterà più consapevolezza nelle
persone, ci farà capire che i ben oltre trenta milioni di pernottamenti in Alto
Adige Südtirol possono anche bastare. Tutti dobbiamo pensare che libertà
significa responsabilità, andando a firmare la Dichiarazione universale dei
diritti della Madre Terra.
Se non agiamo in modo assai lesto sarà troppo tardi. Bucare le montagne per agevolare il traffico non è certo la risposta all’immensa sfida che abbiamo davanti, che non è la soluzione per chi ama profondamente la vita in tutti i suoi aspetti. Dobbiamo dare un segnale ai nostri giovani, assai più sensibili di quelli della mia generazione, che ha fatto del libero mercato il suo paradigma e che, se ci guardiamo intorno, capiamo che ha miseramente fallito.
Se
non prenderemo responsabilità reindirizzando il nostro pensiero verso una
maggiore protezione ambientale, quando quei ragazzi saranno cinquantenni a loro
volta, saranno a ridere per ultimi e la risata, sarà una risata amara.