Caro Giorgio, abbiamo un conto in sospeso noi due. Quello straordinario salmone selvatico norvegese non te l’ho mai pagato. Ora te ne sei andato, mio maestro. Ultimamente, io stupido e sempre indaffarato, continuamente preso dalle mie mille quotidiane e mortali faccenduole, ti vedevo e ti sentivo troppo poco. Qualche sms te lo mandavo ogni tanto, ma poi, quando vedevo una tua chiamata non sempre rispondevo. Perché quella mezz’ora, così preziosa, non me la prendevo. “Dopo”, mi dicevo, “lo chiamo dopo”. Perché stare con te al telefono significava mezz’ora di riflessione sulle grandi cose del mondo, mica parlavi del tempo tu, o del doppio passaporto. Tu eri uomo di mondo. Per te, per migliorare la nostra vita e il mondo, ragionare bene era un ottimo vantaggio evolutivo, e tu, la direzione verso il Bene e il Bello, ce l’avevi sempre in testa. E la nostra gita in Friuli? Ne parlammo ancora l’anno scorso, e anche quella è ancora in sospeso. Ci eravamo stati insieme tempo fa, guidavi come un pazzo, ma i pazzi sono quelli che credono che il mercato regoli le cose. Tu non ti facevi regolare. Un giorno assaggiammo il Lagrein Dunkel Kehlburg del 1973, e il tuo Pinot bianco fine anni ‘50, fuori da ogni logica e regola che vuole che i bianchi si bevano freschi e giovani. Mi vennero le lacrime. E compresi perché il mitico Tchelistcheff si inchinò dinnanzi a quel sublime nettare. Ora, Giorgio, avrei bisogno di farmi stordire dalle tue parole, dal tuo sguardo, dalla tua cultura. Di tecnici del vino ce ne sono tanti e troppo spesso, tra fermentazioni controllate, termoregolatori e lieviti selezionati, producono vini fatti per avere delle certezze. Ma tu, oltre al palato perfetto, eri ispirato. Talentuoso dalla nascita, amavi il mondo dell’ospitalità. Tu, Giancarlo Godio e Andreas Hellrigl siete stati i primi a promuovere una cucina che andasse oltre i canederli con i crauti. Il tuo vivere appieno quello che facevi ti rendeva speciale e rendeva speciale tutto ciò che facevi. Dicevi cose così penetranti, ti stavo a sentire con ammirazione per quella tua acuta intelligenza. Un giorno arrivai con il mio coupé davanti a casa tua. Me la riempisti di panettone, riso, spumante e cotechino. Straordinari. Perché a te le cose normali non interessavano. Eri alla continua ricerca della perfezione, del platonico perfetto mondo delle idee.
Un grande Maestro
Sei stato un artista originale, mi hai insegnato a percorrere nuovi sentieri. Sei tu che per primo mi hai spiegato le difficoltà del Pinot Nero e di quanto potesse essere grande e inarrivabile. Giorgio, tu mi hai dato una grande felicità. Quel giorno accettasti di essere a Corvara a una festa tra amici. Arrivasti a festa iniziata. Ti salutai frettolosamente. Poco dopo mi dicesti “Sei molto occupato”. E io ti risposi in modo sgarbato “Certo che lo sono”. Con in mano un calice di spumante Stocker mi dicesti: “ci vediamo presto”. Montasti in auto e dieci minuti dopo il tuo arrivo, a notte inoltrata, te ne andasti. Scusami Giorgio, scusami per essere stato scontroso. Ora che scrivo faccio fatica a concentrarmi, sento la tua voce, vedi, i miei pensieri sono disordinati, ti rivedo, elegante uomo dai tempi passati. Ti devo tantissimo. E l’entusiasmo per le cose buone e belle che ho è anche merito tuo. Non potere più cogliere il tuo sguardo sulle cose e sugli esseri mi mancherà infinitamente. Avrei tanto voluto stare ancora un poco con te. Oggi la mezz’ora al telefono ce l’avrei, ma adesso sei tu a non concedermela più. Ora caro Giorgio è arrivata l’ultima chiamata. Volerai bene lassù, nel mondo perfetto potrai godere dei tramonti e delle albe eterne. Brinderai con il Bricco dell’Uccellone del comune amico Giacomo Bologna. Assaggerai Pinot Neri celestiali e pescherai i salmoni selvatici di quei mari assoluti.
Non smetterò mai di volerti bene. Ah sì,
caro Giorgio, anche quell’ultima partita di salumi che mi hai mandato, aspetto
ancora la fattura, anche quella non l’ho mai pagata.
Michil Costa, Alto Adige 06/11/2019