A te straniero, se passando mi incontri e desideri parlarmi, perché non dovresti farlo? E perché non dovrei farlo io?
Walt Whitman
E già, con quale diritto posso voltarmi di fronte a una donna, un uomo, un bambino aggrappato a un’onda del mare gelido? Con quale coraggio posso chiudere i porti, sprangare le porte e non accogliere i miei simili? Che esordio infelice quello del nuovo governo. E lo sapevamo. Lo sapevamo bene. Ed è solo l’inizio. Devo ammettere che la direzione che sta prendendo il nostro Paese, o meglio Nazione come piace alla signora, mi ferisce, mi disarma, mi sconcerta.
Umanità, dove sei andata a finire? Umanità. La parola scelta per la prossima edizione della Maratona. E non è un caso. Che bel suono: U – Ma – Ni – Tà. Dobbiamo tornare umani, ecco cosa dobbiamo fare. E smetterla di ascoltare chi vuole indurire il nostro cuore.
Troppo spesso ci dimentichiamo, ah come ci fa comodo dimenticare, che lo straniero scappa da guerra, fame, cambiamenti climatici che noi occidentali abbiamo creato proprio nel suo paese, laggiù, al di là del mare. Noi uomini bianchi. Lindi e profumati. Ma c’è del paradossale in questo accanimento contro lo straniero. Da un lato la becera propaganda politica di persone inette che dichiarano con la bava alla bocca per sembrare più truci e trasmettere più paura che lo straniero è colui che ci impoverisce rubando il nostro lavoro. Dall’altra gli imprenditori del Nord che chiedono quattro milioni di lavoratori. E da dove possono venire questi lavoratori se non dall’estero? Ma grazie alla legge Bossi-Fini, qualcuno se li ricorda quei due? Una immigrazione regolare nel nostro Paese, o meglio Nazione, è impossibile. E a proposito di Nazione, mi concedo una piccola digressione. La nostra premier, al femminile anche se a lei non garba, ma è nell’interesse appunto nazionale di emancipazione delle donne se uso il femminile, nello scandire la parola Nazione sottintende una visione conservatrice, che vuole mantenere dinamiche socioeconomiche tradizionali, obsolete e discriminanti. C’è una bella differenza tra l’uso retorico di una parola come Nazione e la parola Paese. La prima è rigida e austera, la seconda inclusiva e aperta. Ed è con spirito nazionalistico che si chiudono i porti e si diventa disumani. Ma è solo con idee nuove che il nostro può tornare a essere un Belpaese.
Mi permetto un’altra digressione, e vago con la mente fino a Sagunto. Forse molti di voi, grazie a reminiscenze scolastiche, sanno dov’è Sagunto: nella comunità autonoma Valenciana, penisola iberica. E si ricordano le parole riportate da Tito Livio: mentre a Roma si discute, Sagunto brucia. Seconda guerra punica, con il giovane e tosto Annibale voglioso di menar le mani. Perché tiro in ballo la celebre frase di Tito Livio? Perché è la stessa usata dall’arcivescovo di Palermo Lorefice, evocando a sua volta la celebre omelia del cardinale Pappalardo scritta a poche ore dall’assassinio di Alberto Dalla Chiesa. Un’omelia entrata nella storia civile del Paese. Paese, punto. L’arcivescovo usa la citazione in riferimento al braccio di ferro tra il governo e le navi ONG in attesa di entrare in un porto. E queste sono le sue parole: “Mentre c’è un’Europa che dimentica di avere precise responsabilità e un’Italia che si volta dall’altra parte, la legge del mare dice altro: se qualcuno è in pericolo dobbiamo salvarlo. Mentre si continua a perdere tempo ci sono uomini, donne, bambini in balia del meteo. Questa è mancanza di civiltà”. Parole sante, non c’è che dire. Ed è così, nella mancanza di civiltà si annulla qualsiasi parvenza di umanità. E Sagunto oggi è il nostro mare Mediterraneo.
Il governo usa, è proprio il caso di dirlo, i migranti per distogliere l’attenzione dai problemi veri che angosciano gli italiani, dimostrandosi forte e feroce con i deboli, che siano i ragazzi dei rave, i poveri percettori del reddito di cittadinanza e appunto i migranti, e debolissimo nella risposta alle urgenze economiche che dovrebbero essere l’assoluta priorità. A guardare bene la faccenda, non c’è nessuna emergenza migranti: la verità è che gli immigrati in Italia sono troppo pochi per le necessità delle nostre aziende, della nostra agricoltura, delle nostre famiglie, dei nostri alberghi, dei nostri ristoranti. Il lavapiatti non lo fa più nessun tirolese, nemmeno a 5mila euro al mese, e anche pelare patate è un lavoro troppo umile. E allora chiedo a lor signori, come possiamo fare? Vergognatevi, ma so che non ne siete capaci, visto il vostro livello di disumanità. Carico residuale li avete chiamati quei disgraziati sulla nave ancorata al porto. Vergogna a voi che vi siete permessi di scegliere, di escludere. Tu accomodati in platea, tu sei fuori. Nemmeno fossimo a Masterchef. Solo che qui è la vita a essere in gioco. Tu, sporco sudicio e malaticcio, ti salvo, di te invece non so che farmene, rimani sulla nave e via di qua.
Altra piccola divagazione, l’ultimo giuro, questa volta personale. Da ragazzo mi era capitato di essere escluso. Dalla squadra di calcio. Certo, non è la stessa cosa e so che qui non si sta giocando a pallone ma sulla pelle delle persone. Eppure me lo ricordo ancora il senso di frustrazione, di umiliazione. Quell’esperienza mi aveva formato? No, mi rese solo più duro e reagii in malo modo. Ma torniamo a noi e a lor signori: la propaganda governativa è davvero nociva per gli interessi del Paese, pardon, Nazione. Sarebbe ora che ci svegliassimo dal torpore in cui siamo caduti, che uscissimo dal letargo mentale che ci obnubila. E per concludere, un’ultima considerazione. La Blue Card europea permette un ingresso semplificato agli immigrati in possesso di un titolo di studio o di una qualifica professionale riconosciuta. Ma l’Italia è tra i Paesi che hanno rilasciato meno permessi di soggiorno per immigrati qualificati. Sono proprio coloro di cui abbiamo più bisogno e non li facciamo entrare. Tanto per fare un esempio le Blue Card in Germania sono il 16,6% del totale degli ingressi, in Italia raggiungono l’1%. UNO PER CENTO! Pazzesco. Non sono gli immigrati a rubare il lavoro agli italiani, è la Nazione, la nostra splendida, marmorea, statuaria, irriducibile, impettita e maschia Nazione che ruba il lavoro agli stranieri.