Vi parlo di memoria per ricordarvi che oggi, il 27 gennaio, è un giorno che non si può dimenticare. Del resto, la memoria è una forma di empatia che ci mette in contatto con l’altro, anche quando l’altro non c’è più. Prendiamo i soliti Greci, che venerano una divinità della memoria chiamata Mnemosine. Che forti i Greci, che con la loro intelligenza e perspicacia attribuiscono carattere divino alla figurazione astratta della memoria. Questa loro capacità li distingue da altre civiltà antiche. Ecco perché nelle scuole del mondo sarebbe bene studiarli i Greci. Al di là di qualsiasi retorica sul merito.
La presenza di una divinità a sovrintendere la memoria significa e implica la consapevolezza della funzione fondamentale del rimemorare come fattore di cultura e garanzia. É la storia dell’uomo che è posta sotto il volere della divinità. Sia fatta la volontà di dio. Ma per i Greci la memoria Mnemosine è soprattutto il carattere distintivo del popolo, suo elemento fondamentale di individuazione e identità.
Un popolo però non fagocitato dalla bieca strumentalizzazione politica, dalla propaganda ostinata di chi vuole ottenere il potere. Ed è vero che la memoria può giocare brutti scherzi, soprattutto a chi manipola le informazioni per il proprio tornaconto. Chi manipola tende a falsificare la realtà, e in quest’opera di falsificazione la prima cosa che fa è eludere la memoria. Soprattutto quando si dice una cosa e il giorno dopo l’esatto contrario. Faccio un esempio. L’intrepida Presidente del Consiglio tuonava, qualche giorno fa, sulle accise e l’affermazione emerge da quel calderone di memoria collettiva che sono diventati i social network: “Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite, perché è uno scandalo che le tasse dello Stato italiano compromettano così la nostra economia”. Lo dichiarava con il suo piglio leonino accanto a una pompa di benzina. Ah, benedetta propaganda. Cosa non si fa per accaparrare i voti. Ma un conto è sbraitare da una stazione di servizio, un altro è essere alla guida di un Paese. Di fronte alla dura e cruda realtà anche il populismo una volta raggiunto il potere deve fare retromarcia e, soprattutto, fare bene i conti. Ecco perché preservare la memoria è fondamentale. La memoria è un ottimo antidoto alla menzogna. E oggi che siamo sommersi dalle menzogne praticare l’esercizio della memoria è più che mai necessario.
La memoria si basa su un sistema d’identità che si realizza attraverso il divenire, la trasformazione. Occorre tuttavia trovare un punto di equilibrio tra queste due forze: la memoria come persistenza, la memoria come trasformazione. Questo punto d’equilibrio è forse segnato dall’invenzione della scrittura. La memoria, pur nella sua mutevole imperfezione, ha il pregio di essere un sottile filo conduttore che assicura la continuità nella vita. Interrompere, spezzare, cancellare la memoria equivale a uccidere noi stessi.
Come ha scritto Hannah Arendt, “la prima battaglia culturale è stare di guardia ai fatti”: preservare la memoria è dunque un atto decisivo perché è nella natura delle cose che ogni azione umana che abbia fatto una volta la sua comparsa nella storia del mondo possa ripetersi anche quando non appartiene a un lontano passato. Lo dimostrano le parole di una fra le più alte cariche dello Stato, pronunciate per esaltare i fondatori di un partito, emanazione diretta dei reduci di Salò. Reduci che contribuirono allo sterminio degli ebrei italiani e che difendevano i sani principi della razza derivanti dalle dottrine naziste sull’arianesimo.
Le leggi razziali fasciste e lo sterminio degli ebrei rimangono un’onta incancellabile nella nostra memoria di cittadini europei e del mondo. Impossibile da dimenticare. Ecco perché è importante ricordare il 27 gennaio, e caso mai tenerlo a mente ogni giorno dell’anno. E non basta attribuire alla memoria una funzione di mera conservazione. La memoria deve servire da stimolo dinamico all’evoluzione di ogni gruppo sociale e dell’umanità intera. Ecco perché buttare giù gli edifici storici ci danneggia, ci fa perdere pezzi di memoria. La memoria non è solo ciò che è stato, ma è anche ciò che sarà. Il paradosso della memoria è che legge il futuro.
Ah, la memoria che burlona che è. Il bassorilievo di Piffrader con il duce a cavallo piazzato sul palazzo degli uffici finanziari in piazza del tribunale a Bolzano sarebbe da abbattere per cancellare un’opera fascista e la memoria in essa scolpita? Perché mai? Con l’applicazione davanti al rilievo della frase di Hannah Arendt “nessuno ha il diritto di obbedire” è stata compiuta una saggia operazione di contestualizzazione storica. Altro che buttare giù i monumenti. Spiegarli e lasciarli sempre in memoria delle future generazioni è fondamentale. Perché negare uno sterminio è continuare a perpetrarlo. Perché bisogna ricordare non solo le cose belle, ma anche quelle brutte. Altrimenti quel brutto ha più possibilità di riaffiorare senza che qualcosa o qualcuno l’ostacoli.
Buon giorno della Memoria a tutti.