Alle sei di mattina, mentre il sole si affaccia sui Monti Pallidi e il bar Sport serve caffè corretti e sbadigli, Giuseppe Sorrenti Mazzocchi, classe ’85, tirocinante avvocato in uno studio legale di Treviso, monta in sella, punta i piedi nei pedali con un tlac incoraggiante e inforca la sua personalissima Maratona dles Dolomites (che vincerà), sognando di essere Marco Pantani al Giro. Dietro a Giuseppe, ciascuno con un sogno a mollo dentro la borraccia e la pancia piena di pastasciutta trangugiata all’alba, 9.453 inseguitori (903 donne), metà italiani e metà stranieri (da 45 Paesi), che pesano di più sull’indotto dell’Alta Badia perché per venire a correre la gran fondo di ciclismo più famosa del mondo, l’equivalente di una maratona di New York a pedali, si fermano in valle almeno una settimana. Giuseppe è già ai piedi del Pordoi quando la coda del plotone lascia La Villa, tra il primo e l’ultimo passano circa 40’, indice di successo di questa meravigliosa sfacchinata nata nell’ 87 con 166 concorrenti (1 donna) ed evolutasi con il favore degli dei delle Dolomiti, il vero segreto del suo successo, il re Laurino, la principessa Dolasilla, il forte e schivo Salvan, come racconta Michil Costa, papà dell’evento, ringraziando quasi uno a uno i seguaci della sua creatura, giulan de cor (grazie di cuore, in badioto, variante del ladino), perché di rito antico si tratta, nel silenzio immacolato di una montagna riconsegnata dal divieto di circolazione alla natura. Da La Villa a Corvara si è artefici della propria sofferenza, potendo scegliere in corsa tra tre percorsi: il corto (Sellaronda: 55 km, dislivello 1780 metri), il medio (106 km, dislivello 3090 metri), il lungo (138 km, dislivello 4190 metri). Giuseppe, che d’inverno insegna snowboard su questi prati e che ha scoperto la bici solo tre anni fa, naturalmente imbocca il percorso maratona (sennò che sogno alla Pantani sarebbe?) lanciandosi all’inseguimento del francese Snel, epigono della tradizione dei grandi grimpeur, mentre il gruppo di ciclisti della domenica (la gara è per amatori, a numero chiuso e ecocompatibile: chi getta un rifiuto in strada viene squalificato), di ex atleti (Chechi, Rossi, Ravanelli, Baldini), di fondisti (Piller Cottrer sbanca il Sellaronda), di uomini straordinari (Alex Zanardi, in handbike, scala Gardena, Sella, Pordoi e Campolongo a forza di bicipiti) e di industriali e manager (Gian Luca Rana, Vittorio Colao, Alberto Sorbini, Rodolfo De Benedetti, cui il lodo non mette le ali: chiuderà il lungo in 7 ore 45’), si sfarina per i tornanti, chi non ha fretta si guarda intorno incantato, e con quell’espressione trasognata arriverà al traguardo. Alla Maratona dles Dolomites si viene per vedere ed essere visti, entrare in questo circolo esclusivo fa curriculum, dà diritto alla preziosa medaglia commemorativa del 25 ° anniversario, l’appuntamento a cui non sarebbe mancato Pietro Ferrero, se in sella alla sua passione non se ne fosse andato in Sudafrica. Manca James Murdoch, habitué, impegnato nella chiusura di News of the World, mentre c’è, stravolto dallo sforzo di chiudere sotto le 8 ore, Jim Balsillie, inventore del Blackberry. La bicicletta fa riflettere, rispetta i tempi dell’anima, rimette in contatto con l’essenziale: telaio, ruote, polpacci. «Questa corsa è un’impresa collettiva ricca di suggestioni che ti restano dentro» , dice Costa, ma vai a spiegarlo a Giuseppe, che dell’agonismo egoista del Pirata ha fatto una bandiera e adesso, a 3 km dall’imbocco del dente avvelenato del Giau che al Giro d’Italia fa vedere i fantasmi ai professionisti, aggancia la ruota di Snel e non la molla più, sfida il Falzarego da battistrada, un uomo solo al comando, prende al volo la borraccia di un doppiato (Coppi e Bartali, do you remember?) e si butta in discesa, ormai irresistibile misto di tutti i campioni ammirati da bambino, «sentivo la gamba buona e ho attaccato a testa bassa» , dice Giuseppe con lo slang dell’amatore trasfigurato in fuoriclasse abbracciando la belga Edith Van den Brande, la studentessa dell’università di Gand che ha messo in riga migliaia di maschi («Che soddisfazione!» : 5 ore 08’ per spianare 138 km). È il miracolo della domenica all’ombra delle Dolomiti. Parti con la pancetta e arrivi leggenda.