Bella la recensione dedicata da Barbara Spinelli, su “La Repubblica” del 6 novembre, al nuovo libro di Salvatore Settis, “Azione popolare – Cittadini per il bene comune” (Einaudi), un tema come forse già saprete a me molto caro. Settis si chiede come potremo uscire dall’incubo della sovranità dei mercati sugli Stati, su di noi, sulla nostra esistenza. “Con l’acqua alla gola – scrive l’autore – in un mondo senz’altre regole che il profitto, stiamo cercando per ogni dove vie d’uscita, principi di moralità, ragioni di speranza”. “Siamo capaci di spegnere il sole e le stelle, perché non danno dividendi”. La soluzione che Settis propone è proprio il bene comune che – come scrive nel suo bellissimo articolo Spinelli – protegga dai saccheggi i beni comuni usati dal cittadino, contro le privatizzazioni di beni e servizi pubblici, non solo di edifici, ma anche di paesaggi e patrimoni artistici. Iniziative che violano tradizioni antiche e la nostra stessa Costituzione. Per l’autore, per uscire dalla “grandiosa pestilenza” serve un nuovo modo di fare politica, globale e locale, ma anche un nuovo modo di possedere, un’etica ricalibrata sulla terra in pericolo. Serve un nuovo appello alle nostre coscienze, perché il pericolo – secondo Settis – è quello già avvertito da Corrado Alvaro nel ’44: quello della rinuncia alla moralità pubblica, l’inaderenza, il disinteresse politico per i problemi, i bisogni, le verità del Paese. Porre un argine a questa deriva, secondo Settis, è possibile con azioni pubbliche di resistenza, come il referendum sull’acqua. Il manifesto da sventolare è la Costituzione, un’Incompiuta sempre violata. Nell’articolo 9, che obbliga la Repubblica a non svendere paesaggi e patrimoni artistici; o negli articoli 41 e 42, che costringono le imprese private a non agire in contrasto con l’utilità sociale.
michil costa