Cinque anni sono passati da quando le Dolomiti fanno parte del Patrimonio dell’Unesco. Qualche riflessione è d’obbligo.
Non mi sembra che la percezione di “Patrimonio dell’Umanità” sia entrata nel cuore di noi operatori turistici. E’ entrata in testa, come strategia di marketing, in chi elabora gli opuscoli patinati. Abbiamo usato il logo Unesco per abbellire il baule del nostro fuoristrada. L’abbiamo scritto a caratteri cubitali sulla pagina internet sotto la foto della spa di 2000 metri quadri. Non credo però che ci sia stato in questi anni un radicale aumento della consapevolezza di tutelare realmente questo patrimonio. Di difenderlo e salvaguardarlo. Di modificare le strategie della sua gestione. Prova ne è che ancora si parla di natura come nostro capitale, che di per sé è un termine obbrobrioso: il Sassongher ad esempio non è il resoconto di un bilancio economico e quindi non va stimato in base alla sua redditività.
E’ ora di prendere decisioni effettive, con coraggio, creatività e lungimiranza. Come nel caso dei sindaci dei comuni a ridosso della Mendola, che hanno deciso di intervenire contro i motociclisti arroganti, rumorosi e maleducati. Non tutti, certo, ma tanti di loro sono uno sciame molesto e inquinante che crede che i tornanti delle strade dolomitiche siano un patrimonio a loro esclusivo uso e consumo. Bisogna fare qualcosa di concreto per moderare la velocità dei centauri. Si metta il cuore in pace il sindaco gardenese Peter Mussner: per quanto d’effetto siano gli slogan e le immagini, la nuova campagna di sensibilizzazione contro il rumore sui passi dolomitici non servirà a niente. Mentre è davvero importante che Santa Cristina e Selva abbiano dato il loro consenso per fare entrare il Sassolungo e il Sassopiatto nel Patrimonio dell’Unesco.
Mettere sotto protezione le montagne importanti è lodevole, anche se, a rigor di logica, avrebbe dovuto succedere già tempo fa. Un grande plauso va rivolto all’attuale presidente del Patrimonio dell’Unesco Richard Theiner. Finalmente un politico di alto rango che si decide a dirlo: i passi dolomitici vanno chiusi a ore. Oh là! Ecco che l’agonia della ponderazione, il tira e molla, la tiritera dei pro e contro dei pedaggi sui passi dolomitici ormai è conclusa. L’ex monarca Durnwalder, che mirava esclusivamente a fare soldi con la “montagna nostro capitale” ormai è dedito ad altre attività. Possiamo esserne contenti: il nuovo presidente Arno Kompatscher ha una maggiore sensibilità in termini ambientali.
E ora tocca a noi: sarebbe bello che tra cinque anni, guardandoci indietro, potessimo vedere che siamo maturati. Che abbiamo realizzato qualcosa di concreto. Che ci siamo lasciati attrarre dalla bellezza della Natura alpina e che abbiamo iniziato finalmente a pensare all’importanza della nostra qualità di vita. Spero vivamente che l’homo oeconomicus che risiede in noi non prenda completamente il sopravvento. Dobbiamo credere in un turismo lento, bello, consapevole; sostenere i giovani che vogliono aprire delle attività al fine di evitare lo spopolamento della montagna; iniziare a discutere a fondo sull’architettura ed eliminare l’inquinamento acustico, vera piaga dolomitica.
È una questione di cultura, mentalità, prospettiva: non credo nelle rivoluzioni culturali, però a una lenta metamorfosi si può arrivare. Importante che si inizi a pianificare una mobilità su rotaia e fune: bisogna fare presto. Forza segretario generale Morandini, oltre ad avere idee molto belle (festival dello sfalcio), osi di più. Mi aspetto parole decise, se non vogliamo che questi posti degenerino completamente in un assurdo parco giochi.
Crediamoci fortemente, iniziamo ad agire, importante che nei nostri cuori ci sia la voglia di cose grandi, che il resto viene da sé.
Michil Costa