Vento da sereno lo chiamiamo qui, ‘vënt da sarëgn’. Quello da sud invece è il ‘vënt da rodus’, vento storto. Porta pioggia, neve. Brutto tempo, mai cattivo. Cattivi saranno i pensieri, mai il tempo.
Ottobre è la stagione con il vento bello. È la bella stagione, la stagione ‘dentro’, quella che erroneamente chiamiamo ‘fuori’. Dentro il bosco, tutto in movimento, in una danza perpetua. Rami degli abeti che grattano uno contro l’altro in un gioco amoroso che a volte si spezza buttando giù qualche pigna. Sono invece bene attaccate quelle dei cirmoli. Da bimbi ci arrampicavamo fino in cima a raccoglierne i frutti: nascondono delle noccioline succose, arrostite in pentola diventano croccanti, squisite. Mi piaceva il loro profumo di resina: le sgranocchiavo in continuazione, le tenevo sempre in tasca, come pepite preziose. E quanto ancora mi piace.
Scene passate e presenti dentro un cinema naturale, di contatto vero con noi stessi, con la nostra natura. La natura che a volte si ribella. È straziante quando le valanghe isolano paesini e la montagna fa vittime. Com’è straziante il folle sviluppo, che continua imperterrito la sua incessante corsa. Forse tanta bellezza senza difetti sarebbe eccessiva: ‘a noi resta negata/l’idiozia della perfezione’ a dirla con la stra-ordinaria Szymborska. Già Aristotele diceva che la pietà e la paura della tragedia ci purificano. Tutto fa parte del nostro mondo, delle nostre vite. L’uno non esisterebbe senza l’altro.
Mi piacciono queste valli quando c’è tanto movimento di persone e automobili, ma le prediligo nelle stagioni con pochi turisti. Riesco a cogliere meglio il fascino delle guglie, mi sento partecipe della loro maestosità. Ogni giorno vedo immagini nuove, scorci inesplorati, suoni inauditi. In-auditi perché non ascoltati. O perché nuovi nel mio intercedere con Madre Natura.
A volte mi meraviglio di come le immagini in tivù, su youtube o nei tweet possano essere così veloci. Hanno un ritmo insostenibile, sufficiente per esprimere un’emozione istantanea, evanescente, ma di certo insufficiente per una riflessione che perduri in testa per poi stabilizzarsi nell’intimo.
Forse la differenza vera tra l’immagine straziante in tivù e la bellezza in natura non è in ciò che vediamo, ma come lo osserviamo. Qui sull’uscio di casa, con il gruppo del Sella alla mia sinistra e davanti a me il Sassongher, ho la possibilità di fermarmi, riflettere, assorbire. Ho il tempo di farmi prendere dalle cose. Le immagini nei social network sono troppo veloci. Nella loro folle drammaticità mi scuotono sì, ma è un momento, una vibrazione, una scossa. Non so se sia un bene o un male. Ma una cosa so: ottobre in montagna è l’antidoto alla sovraesposizione d’immagini. È la pace che serve per rimetterci in sesto, per riequilibrarci.
Ed ecco allora che il fuori stagione diventa la stagione dentro. Dentro il momento. Dentro noi stessi. Tutti i nostri sensi diventano aperti e ricettivi. Affrettandoci lentamente, come dicevano i romani: ‘festina lente’. Elogiare la lentezza, anche solo per poco. Estraniarci dalla velocizzazione di tutto, dei ritmi scatenati, di connettività senza pausa, fosse anche solo per un tempo limitato. La lentezza non è pigrizia, è attenzione, presenza. Lentezza nei movimenti, nel respiro, nel parlare. Nel pensare. Nell’accorgersi dei dettagli. Senza paura e senza titubanza. Prendendoci cura di noi, smaltire mentalmente per procurarci un prolungato godimento.
Invitiamoci a una fuga lenta, quest’autunno. Invitiamoci a quel desiderio mai sazio di scoperta ed esplorazione, a quella voglia di libertà insita in ognuno di noi.
Viene il momento, anche per noi che abitiamo qui, di andare in montagna, con cautela, ma senza indugi. Dobbiamo pur dare il buon esempio. E allora, che di lentezza tanto ho scritto in questa giornata di cielo terso, io fortunato, tra qualche minuto andrò di là, nel suo ufficio, la prenderò per mano e le dirò: “Giovanna, andiamo sul Col Alto”.
Buon autunno
michil costa
Al Berghotel Ladinia siamo aperti per la bella stagione d’autunno, fino al 02 novembre da mercoledì a domenica.