Sabato 26 settembre alle 13:00 in Piazza Walther, con lo chef pluristellato Cristian Bertol, parleremo di cibo e vino per lo show cooking di AltoAdige.live.
E a proposito di AltoAdige.live, la mia intervista:
Se dovesse spiegare a un bambino il suo concetto di cucina?
Parlerei di dolcezza. Dolcezza intesa come cibo dolce, come sensibilità delle cose messe in bocca. Amo ripetere che non possiamo essere più sani di quello che mangiamo. Ogni nostra azione, quindi anche in cucina, deve essere ispirata alla dolcezza altrimenti non riusciremo a trasmettere emozioni nei cibi che prepariamo.
E in questo contesto che ruolo giocano i prodotti, la materia prima?
Fondamentale. Il biologico innanzitutto. Niente roba prodotta dalle multinazionali ma spazio a ciò che viene dal commercio equo e solidale. Tutti noi dovremmo valorizzare i prodotti della nostra terra a partire dalla val Badia non solo perché sono buoni ma perché allo stesso tempo facciamo un favore a noi stessi.
Insomma, il cibo come stile di vita e di cultura?
Ragioniamo un momento. Per arrivare a produrre un chilo di carne di manzo si consumano 15.000 litri d’acqua. Ecco perché io voglio stimolare una riflessione su questo punto. Ad esempio il venerdì sarebbe bene non mangiare carne, noi in albergo lo facciamo. Non per scelta religiosa ma come invito alla riflessione e al rispetto collettivo.
Lei ha fatto dell’ospitalità una regola base…
Ognuno di noi ha l’ospite che si merita. La differenza sostanziale è tra cliente e ospite. Il cliente è di passaggio, usa e abusa. L’ospite invece interiorizza, è consapevole dell’esistenza dei valori ad esempio della cultura ladina. Si guarda intorno e apprezza. E noi dobbiamo cercare di dargli più di quanto lui si aspetti. In ogni senso evitando quello che io chiamo il turismo porno -alpino. La migliore offerta è spesso un sorriso non standard.
Esistono i sapori tipici dell’Alto Adige?
Il sapore tipico è l’alimento in sé. Ricordando mia nonna potrei rispondere le patate e i prodotti dell’orto.
Trovare collaboratori all’altezza non è semplice. E’ vero che li seleziona sottoponendoli a una sorta di test di ammissione all’università?
Per dirla con Socrate il sapere è un bene. Non voglio persone o cuochi che siano ignoranti di base. Non li interrogo come in un telequiz ma devono sapere qualcosa di Rudolf Steiner, conoscere tempi e luoghi delle guerre mondiali, ricordare i fiumi più lunghi del mondo e così via. Ogni martedì e sabato faccio una riunione con tutti i collaboratori e parliamo non solo di organizzazione concreta.
Un’ultima curiosità. Cosa pensa della valanga di format televisivi su chef e ricette?
Da imprenditore dico che danno risalto alla cucina e quindi mi può star bene. Ma non capisco certi monumenti
ai cuochi. E poi si tralasciano un sacco di professioni che stanno dietro a chi appare. Prendiamo i camerieri. Non se ne parla mai eppure sono una figura importante. Altro che semplici portapiatti, capiscono di psicologia più loro che tanti dottori.
michil costa
Alto Adige, 21/09/2015