di Franco Brevini
dal Corriere della Sera del 30 luglio 2017

Frastuono, movimenti bruschi, folla. La Modernità è il tempo del troppo pieno: horror pieni chiosava Gillo Doriles. Ma, per ritrovare se stesso, è di altro che ha bisogno l’uomo. «Interminati spazi, sovrumani silenzi, e profondissima quiete» raccomandava un poeta alla ricerca dell’infinito. La montagna è da sempre il luogo del silenzio: non a caso è stata prescelta da tutte le civiltà per l’incontro con Dio. Eppure la Modernità è riuscita a importare il rumore anche fra le vette. Accanto all’implacabile musica, che imperversa dovunque, dai dehors ai pic-nic, dai bar ai ristoranti, il principale indiziato è il traffico. Ed è proprio ad auto e moto che hanno dichiarato guerra Trentino e Alto Adige nei nove mercoledì di luglio e agosto. Dalle 9 alle 16 il Passo Sella, nodo strategico nella viabilità dolomitica, si potrà raggiungere solo a piedi, in bici, con gli impianti a fune o con i mezzi pubblici.
Autunno. La prima neve imbianca i pendii in ombra, ma a Sud la roccia è calda come ad agosto. Arrampichiamo sulla Terza Torre di Sella, siamo al traverso della via Jahn. Mi ritrovo al termine della lunghezza di corda, un puntino su questa lavagna giallastra. Mentre mi autoassicuro, sono colpito dal silenzio in cui sono sospeso, come dentro un’acqua di vetro. Il vento, sì, porta confusi brusii, ma sembrano salire da un altro mondo. Quassù è solo luce, verticalità e questo silenzio che assorda. Due mesi fa le moto in accelerazione lungo i traversi ai piedi delle pareti avrebbero reso questo posto un inferno. Una domenica di luglio, ricordo che ci si sentiva a fatica con il mio compagno di cordata. Sorrido pensando all’amaro gioco di parole di Michil Costa, l’albergatore ecolo- gista di Corvara: «Le dolo-moto nelle Dolomiti, un autentico pandemonio dell’umanità». Ecco il nodo del problema: evitare che il patrimonio si trasformi in pandemonio. E non solo per l’Unesco, ma per tutti noi, che quassù, parafrasando un’iniziativa musicale trentina, cerchiamo i suoni delle Dolomiti. Perché, accanto alle note dei grandi concertisti, la musica di queste immense sculture di pietra salite dal mare è fatta di niente: il vento tra le torri, le cicale nei prati, i gracchi che veleggiano vibrando nell’aria profumata. Aveva ragione il compositore John Cage: «Non esiste silenzio che non sia carico di suono».
Che la nostra sia una società del troppo pieno lo confermano l’i, 2 milioni di veicoli che ogni anno transitano laggiù sui passi dolomitici, riempiendo di frastuoni e CO2 queste conche, dove sembra di percepire l’ansimare geologico della Terra. E invece il silenzio e la vacanza ci parlano di un vuoto, che fa paura ben più di quello che si spalanca sotto le suole delle nostre scarpette da arrampicata. Perché lì può succedere di tutto: il dio silenzioso che ospitiamo può mettersi a bisbigliare, qualcosa può affiorare, la scoperta attende dietro l’angolo della nostra anima.
La chiusura del Passo Sella è un segnale importante per chi vuole coglierlo. Moto e motoslitte, fuoristrada, quad, eliski hanno reso più pressante l’assedio alla montagna. Ma ogni luogo deve serbare intatto il suo etimo più profondo e le vette non sono il lunapark, il centro commerciale, la discoteca e neppure la curva Sud. Salire la montagna implica un gesto di allontanamento, come sapevano profeti e anacoreti. Anche noi lo facciamo per fuggire dall’aria maleodorante, dal traffico, dall’inquinamento acustico: ne parla Stuart Sim nel suo Manifesto per il silenzio. Non è casuale l’accostamento del titolo di un romanzo giovanile di Max Frisch: «Il silenzio». Un racconto dalla montagna. In fondo gli scalatori e gli escursionisti hanno qualcosa in comune con i filosofi, i mistici e i poeti: amano il silenzio. Per John Ruskin le cime erano le «cattedrali della Terra»: per questo in montagna il silenzio davvero è d’oro ed è un bene altrettanto prezioso dell’aria e dell’acqua. Forse è la specie più a rischio di estinzione. Oggi difendere il silenzio vuol dire difendere l’uomo e riaffermare i diritti della persona contro la ricerca insonne del profitto. Tutelare davvero le Dolomiti significa tornare a farle essere «paesaggi del silenzio». Dolomitesvives è il nome del progetto ideato da Trentino e Alto Adige per l’Anno interazionale del turismo sostenibile. E in montagna il silenzio è vita.

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