Cos’è l’amore se non comunicazione? Non è un caso che si dica ‘relazione d’amore’. Amore è ricevere per dare e non dare per ricevere. Questa è la forma più alta di amore. Pensate un po’ a quel rivoluzionario di tanti secoli fa. Volto ermetico, fisico asciutto. Si spingeva avanti, noncurante degli altrui giudizi, con l’energia dell’acqua che salta da una roccia. A volte, con quel suo fare un po’ da figlio dei fiori, si permetteva di ribaltare i tavoli dei commercianti allestiti all’interno dei templi. Irriverente, non era uno facile. Però incantava. Talmente tanto che l’hanno messo in croce. Era così in relazione con gli altri che sprigionava amore da tutti i pori. Gesù era l’amore alienato, solido, insaziabile; sempre in relazione con l’altro. Perché l’uomo non è assoluto, è relazione. Anche andare in bici è relazione: con se stessi, gli altri, l’ambiente che ci circonda. Anche la Maratona, dunque, è relazione: perché migliaia di persone la corrono e pure il ciclista più introverso non può non aprirsi e relazionarsi con i suoi simili durante le ore passate a spingere sui pedali. Sarà dura su per il passo Sella, al cospetto dei 3181 mt del Sassolungo conquistato nel 1869. Ma le montagne mica si conquistano! Si salgono. E si rispettano. Avremmo il dovere di vivere un reciproco amore basato sulla gratitudine, sulla riconoscenza. Perché, allora, abbiamo dimenticato l’amore per noi stessi andando a sfruttare, cementificare, rovinare, inquinare a tutto spiano e in ogni dove? Ecco che entrano in ballo le regole del gioco. Regole delle quali noi umani ci siamo dimenticati. Non un’unica regola alla quale saremmo condannati se non avessimo il libero arbitrio, ma una regola all’interno della quale ognuno in base a sensibilità e modi di agire dialoga con l’altro e con la natura. Questo, per me, è l’amore. Come mi ha insegnato quel tipo un po’ matto che si faceva chiamare Yeshua ‘salvezza’. E la Maratona può essere un atto di amore collettivo se il pedalare è condiviso, il sostegno corrisposto, l’amore fraterno. La Maratona può essere un’occasione per tornare in noi, tornare ad amare noi stessi e gli altri perché smettiamo di dimenticare ciò che siamo: parte integrante della natura che ci circonda. Oh sì, Maratona ti amo.
La Gazzetta dello Sport, 01/07/2017